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Presbiopia

Presbiopia

 

La presbiopia consiste nella graduale e naturale difficoltà dell’occhio di mettere a fuoco gli oggetti più vicini. Con l’avanzare dell’età, generalmente dai 40 anni in su, il cristallino, preposto alla messa a fuoco delle immagini, perde di elasticità

 

Che cos’è la presbiopia?

La presbiopia non fa parte dei difetti di refrazione, o altrimenti dette ametropie, di cui fanno invece parte la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo. La presbiopia è dovuta a una diminuita capacità accomodativa naturale dell’occhio, cioè l’elasticità del cristallino che, modificando la sua forma, permette la messa a fuoco degli oggetti vicini e lontani. Con l’avanzare dell’età, la parte centrale del cristallino (nucleo) perde acqua, si irrigidisce e accresce l’indice di rifrazione. Ciò comporta una difficoltà del cristallino di adattarsi agli allontanamenti del punto prossimo, il punto di messa a fuoco più vicino.

 

Quali sono le cause della presbiopia?

Come detto, la causa della presbiopia è il graduale indurimento del nucleo del cristallino, che perde acqua con l’avanzare dell’età. Il cristallino diventa meno elastico, perde la capacità di accomodamento e l’occhio non riesce più a mettere a fuoco le immagini vicine che quindi appaiono sfocate.

Il fattore di rischio più importante per la presbiopia è l’età. Solitamente la condizione insorge dopo i 45 anni e tende ad aggravarsi dopo i 65.

Se la presbiopia si dovesse manifestare prima dei 40 anni, all’origine della patologia potrebbero esserci altre disfunzioni come diabete, sclerosi multipla, malattie cardiovascolari, oppure l’utilizzo di farmaci come diuretici, antistaminici, antidepressivi.

 

Quali sono i sintomi della presbiopia?

La presbiopia si presenta con un sintomo assolutamente riconoscibile, ovvero l’incapacità di lettura da vicino. La persona non riesce a mettere a fuoco le scritte e tende ad allontanare il giornale o il libro che sta provando a leggere. Nei soggeti affetti da miopia, nei quali la presbiopia si manifesta più avanti negli anni, si può assistere ad un’apparente miglioramento della loro difficoltà a vedere da lontano.

 

Come prevenire la presbiopia?

La prevenzione migliore per la presbiopia è eseguire visite oculistiche periodiche e regolari per verificare lo stato di salute dell’occhio. È bene sottoporsi ad un controllo almeno ogni 2-3 anni dopo i 40 anni, 1-2 anni dopo i 55, ogni anno dopo i 65, e, in ogni caso, sempre quando si avvertono sintomi come vista offuscata, punti neri, aloni, abbassamenti repentini della vista, lampi.

 

I pazienti affetti da diabete e ipertensione devono tenere sotto controllo medico queste patologie croniche onde evitare sgradevoli conseguenze alla vista. Proteggere gli occhi con lenti da sole evitando così danni derivanti dal sole e dai raggi ultravioletti (UV) è di assoluta importanza. È anche consigliato evitare il fumo e l’alcol, fare attività fisica regolare e controllata, consumare frutta, verdura, bere a sufficienza. Se necessario è possibile integrare la propria alimentazione con vitamina A e betacarotene.

Ptosi della palpebra

Ptosi della palpebra

 

La ptosi è una condizione anomala in cui una o entrambe le palpebre superiori sono abbassate rispetto alla loro posizione normale. In questo contesto il margine superiore della palpebra copre parzialmente o, nei casi gravi, totalmente la pupilla.

 

Che cos’è la ptosi della palpebra?

La ptosi è distinguibile in varie forme: congenita o acquisita, neurologica o muscolare.

Spesso scambiato per difetto estetico, si tratta invece di un cedimento strutturale e quindi di un problema funzionale. La ptosi può manifestarsi in forma monolaterale o bilaterale asimmetrico, associata o meno a processi legati all’invecchiamento dell’individuo. In questa patologia sono coinvolti:

  • il muscolo elevatore della palpebra superiore
  • il complesso neuromuscolare ed il muscolo di Müller, preposti anche loro all’elevazione della palpebra superiore.

Tutto ciò porta il paziente affetto ad una incapacità di controllare la palpebra superiore.

 

Quali sono le cause della ptosi della palpebra?

La ptosi può essere congenita, quindi presente sin dalla nascita, o acquisita e, quindi, comparire col passare degli anni. A causarla possono essere problemi muscolari (ptosi miogenica), nervosi (ptosi neurogenica), a carico della fascia fibrosa che riveste il muscolo (ptosi aponeurotica) o, infine, problemi meccanici.

 

Quali sono i sintomi della ptosi della palpebra?

Il sintomo principale è l’aspetto della palpebra, posizionata in modo tale da ridurre l’apertura oculare. Questa condizione è collegata a una difficoltà più o meno grave ad aprire gli occhi in base al grado di deficit funzionale e muscolare, cui coincide una limitazione della corretta visione delle aree superiori dell’occhio coperte dalla palpebra che ne limita le normali funzioni quotidiane.

 

Diagnosi

La ptosi palpebrale + diagnosticata per mezzo dei seguenti esami:

  • Esame del campo visivo. Utile a definire la gravità della patologia e, quindi, per distinguere un problema puramente estetico da un deficit funzionale importante, che deve corrispondere a una limitazione superiore al 40% del campo visivo.
  • Visita ortottica

 

Trattamenti

L’unico terapia risolutiva è l’intervento chirurgico, da eseguirsi in anestesia locale e in regime di day hospital.

La scelta della tecnica chirurgica più idonea da utilizzarsi per la correzione della malposizione della palpebra è in stretta correlazione con la funzionalità residua del muscolo elevatore.

Nei casi di ptosi congenita è fondamentale determinare quanto prima l’età in cui eseguire l’intervento chirurgico in base soprattutto alla gravità della ptosi. Questo intervento è fondamentale per scongiurare il rischio di ambliopia da deprivazione, un mancato sviluppo, cioè, di una funzione visiva normale.

 

Prevenzione

Non esistono misure preventive.

Retinoblastoma

Retinoblastoma

 

Il retinoblastoma è l’unico tumore originato direttamente nel bulbo oculare dei bambini. Può essere presente sin dalla nascita, ma normalmente si presenta intorno agli 8 mesi di vita nel caso di una forma ereditaria, più raramente intorno ai 2 anni, mentre è infrequente dopo i 7 anni.

 

Che cos’è il retinoblastoma?

Il retinoblastoma è una delle neoplasie più frequenti nell’infanzia. Al principio si presenta come una specie di placca gelatinosa bianca nel corpo vitreo con vasi superficiali. Se non viene asportato, tende a crescere sotto la retina, causandone il distacco e si può diffondere attraverso la coroide (una parte del tessuto vascolare dell’occhio) e il nervo ottico.

 

Quali sono le cause del retinoblastoma?

Il retinoblastoma si forma a seguito di una riproduzione maligna dei fotorecettori dell’occhio dovuta ad una mutazione genetica (in alcuni casi sporadici) o alla trasmissione di un cromosoma 13 anomalo nella forma ereditaria.

 

Quali sono i sintomi del retinoblastoma?

Le manifestazioni caratteristiche del retinoblastoma sono un riflesso bianco nella pupilla (leucocoria) e strabismo. Altri sintomi possono essere: glaucoma secondario, infiammazione orbitaria, invasione iridea, metastasi linfonodali e ipertensione endocranica.

 

Diagnosi

La diagnosi del retinoblastoma deve andare ad escludere la leucocoria come sintomo di altre patologie (retinopatia del prematuro, persistenza del vitreo primitivo iperplastico, toxocariasi, malattia di Coats e cataratta) e richiede:

Visita ortottica

Ecografia e risonanza magnetica nucleare

Consulto multidisciplinare con specialisti oncologi

Nei casi d’infiltrazione extrabulbare e del nervo ottico, è necessaria una puntura lombare con prelievo del midollo spinale al fine di verificare l’eventuale presenza di metastasi

 

Trattamenti

Il trattamento per il retinoblastoma dipende fondamentalmente dalla dimensione della lesione.

Lesioni fino a 4mm di diametro e 2mm di spessore senza diffusione vitreale o sottoretinica vengono solitamente trattate con termoterapia trans pupillare o crioterapia.

Le lesioni medie vengono trattate invece con brachiterapia e chemioterapia.

Le lesioni grandi necessitano di un intervento di enucleazione del globo oculare.

Le estensioni extrabulbari devono assolutamente essere trattate con enucleazione, chemioterapia e radioterapia orbitaria.

 

Prevenzione

La prevenzione del retinoblastoma si basa sulla consulenza genetica, da effettuarsi nei casi di familiarità conosciuta per questo tipo di tumore.

Retinopatia Diabetica

Diabetic retinopathy

 

Diabetic retinopathy is a complication of diabetes that goes to affect the eyes. It is a damage of the retinal blood vessels, the fabric of the light-sensitive part of the eye. It can develop in people who suffer from diabetes type 1 and type 2 diabetes in patients with a long history of diabetes, and in cases where the blood sugar has been controlled for long periods incorrectly the risk is more frequent of retinopathy.

 

What is diabetic retinopathy?

There are two types of retinopathy. Early Diabetic Retinopathy also known as non-proliferative diabetic retinopathy (NPDR), which can be mild, moderate or severe. With progression of the disease the blood vessel walls weaken and are subject to micro-aneurysms, small swellings that become damaged, giving rise to bleeding. Then there is the real risk to form an accumulation of fluid (edema) in the central part of the cornea (the macula) going to cause a reduction of vision.

 

Proliferative diabetic retinopathy (PDR) or Advanced is the most severe form of the disease because it coincides with the abnormal formation of new blood vessels in retinal damage. The neovascularization are also stimulated by the formation of ischemic areas in the retina. This can lead to retinal detachment, or an abnormal fluid in the eye causing glaucoma flow.

 

What are the causes of diabetic retinopathy?

Primary cause is diabetes, especially if poorly controlled, facilitates an abnormal growth of weak blood vessels, more subject to breakage or smaller. This causes less capacity to transport oxygen to the retinal tissues. Generally the retinopathy is dependent of both eyes.

 

What are the symptoms of diabetic retinopathy?

The symptoms of diabetic retinopathy are:

spots or dark filaments that float before the eyes (floaters)

blurred vision

dark areas and loss of visual acuity

low vision

difficulties in color perception

blindness

 

Diagnosis

The methods used for the initial diagnosis of diabetic retinopathy are:

Color photos of the fund, performed with the fundus camera;

Retininica fluorescein angiography, to determine the presence of ischemic areas for signs of diabetic retinopathy prolieferante.

Computerized axial tomography (CAT), which allows a detailed study of the macula and optic nerve.

 

treatments

In case of non-proliferative retinopathy and macular edema in the presence of the preferred treatment is laser photocoagulation, with focal or grid pattern, to reduce edema, contain the progress of the disease and restore visual function. In the event of clinically significant macular edema (CSME) you can intervene with intravitreal injections of drugs to stop the vascular endothelial growth factor (VEGF), a molecule involved in the abnormal growth of blood vessels.

Treatment for nonproliferative retinopathy with ischemic areas requires a careful and extensive photo ablation. In the presence of intraocular bleeding (emovitreo) and detachment of the retina to pull their treatment is vitrectomy.

 

Prevention

The Retinopathy is a “silent” disease that can develop for years without symptoms, until it affects the macula. Proper control of diabetic retinopathy can reduce by 90% the 5-year risk of developing blindness in patients with proliferative retinopathy. Unfortunately, according to current statistics, only 1 of 2 diabetic patients undergoing a periodic checks to prevent and ward off the advance of the disease and the risk of losing his sight.

Pterigio

pterygium

 

Pterygium is an abnormal growth of tissue Belonging to the conjunctiva (the membrane surrounding the eyeball and the inner wall of the eyelids) on the cornea. The disease does not have a spontaneous remission and the fabric Tends to continue the growth going to disturb the cornea and limiting, thus, the capacity of vision.

 

What is pterygium?

Pterygium Appears as an opaque area of ​​a triangular shape. This area is composed of fibrovascular tissue of the conjunctiva Which continues its development on the gradually cornea. The disease Often Tends to give relapses.

 

What causes pterygium?

Excessive sun exposure and chronic dry eye can pterygium causes.

 

What are the symptoms of pterygium?

In the initial phase, the abnormal growth of the conjunctiva is asymptomatic, but in the blackberries stages advanced can cause an unpleasant sensation of having a foreign body in the eye, redness and tearing. When the tissue of the conjunctiva comes to occupy the area of ​​the cornea can cause irregular astigmatism secondary.

 

Diagnosis

The pterygium diagnosis is made by:

corneal topography. This examination is indispensable for the study of the shape and curvature of the anterior surface of the cornea and is useful to estimate the evolution of pterygium in time by checking the possible presence of a secondary irregular astigmatism.

OCT anterior segment.

Endothelial count. It consists of an estimate of the corneal endothelial surface, the deepest layer of the cornea.

 

treatments

There are two types of treatment That can be Both of medical type, either type of surgery.

Medical therapy leads to the elimination of pterygium. However, it Reduces the symptoms through the use of artificial lubricants or medicines containing steroids to be applied in topical use only in the initial stages.

Surgical therapy implements interventions removal and reconstruction of the diseased tissue with a healthy conjunctival flap.

 

Prevention

Proper eye protection from sunlight is the best method to prevent pterygium.

Strabismo

Strabismus

 

Strabismus is a relatively common disease that affects about 4-5% of the world population. It is a condition in which the eyes are aligned in incorrectly and are not oriented in the same direction: an eye while fixing an object, the other can be directed inside, outside, top, or bottom.

The disease can occur at any age.

 

What is strabismus?

Strabismus is the digression of the visual axes caused by the poor functioning of the neuromuscular structures that control movement of the eyeballs.

 

Strabismus can be of various shapes, intermittent or constant over time, and mainly affect only one eye, or be alternating.

If it was not diagnosed in time in the child, strabismus can help determine a significant permanent reduction of visual acuity (amblyopia).

In adults, the symptoms of an altered indicator muscles in a coordinated operation designated to eye movement, is double vision (diplopia).

 

What causes strabismus?

The causes of strabismus may differ depending on the age of onset of disturno:

Vision defects

neurological disorders such as cerebral palsy origin or paresis of the eye muscles

endocrinological diseases

eye diseases (cataracts, ptosis, etc.)

Strabismus in children is defined as “essential” when the causes are not detectable.

In adulthood, the dependent neuro-motor apparatus modifications in charge to coordinate the movements of the eyeballs can be restrictive nature (the most common causes lie in thyroid disorders and high myopia), non-paralytic (such as failure of childhood strabismus ) and paralytic. Among the paralytic nature causes of strabismus may be part of the cranial trauma, vascular or infectious diseases, degenerative diseases of the central nervous system, diabetes.

 

What are the symptoms of strabismus?

The symptoms related to strabismus may be:

headache

eyestrain

sting

Photophobia (discomfort caused by light)

Sometimes head tilt

Blinking Eye

double vision (diplopia)

feeling dizzy

orientation difficulties

 

Diagnosis

The findings useful to diagnose strabismus are:

Eye examination

orthoptic evaluation and subsequent study of ocular motility

prismatic tests for diplopia (including, usually, in the visit orthoptic)

 

treatments

For strabismus problems regarding each age group is practiced strabismus surgery using the most innovative method called MISS (Minimally Invasive Surgery Strabismus) which constrain the surgical trauma through the use of conjunctival openings of a few millimeters, minimizes up to eliminate totally annoying problems of the post-intervention such as soreness, reddened eyes, swollen eyelids, however with the usual perdurerebbero method for a few weeks.

Interventions for the treatment of strabismus and diplopia the correction can be implemented both in local anesthesia, general anesthesia.

Varici orbitarie

orbital varices

 

The orbital varices are the most frequent irregularities of the blood vessels of the eye orbit. Most of the time affecting one half of the face and are to be located in the superior-nasal quadrant of the eye.

 

What are the orbital varices?

The disease is characterized by swelling of one or more venous vessels ( “caput medusae”).

The expansion may be visible if detected in the eyelids or under the conjunctiva. Often the problem can extend to the orbit.

Bleeding and thrombosis are among the possible complications.

 

What are the causes of orbital varices?

The varicose veins may be formed as a result of various causes, such as a weakness of the wall of the vessels of congenital origin or as a result of factors such as compression by the tumor, an arterial aneurysm, an arteriovenous malformation, a trauma or infection that involves the wall of the vein. The obstruction of a vein is another possible cause that can be present alone or in conjunction with the weakness of the vessel wall.

 

What are the symptoms of orbital varices?

Onset of a orbital varices occurs with a protrusion of the eyeball non-pulsating, not associated with murmurs and intermittently. Since the orbital veins are devoid of valves, the protrusion is reversible. A cause or aggravate the disease is the increased venous pressure, associated, for example, coughing, in efforts or forced exhalation against a closed glottis (the so-called Valsalva maneuver).

 

Diagnosis

The diagnosis is clinical and to do so it is essential to perform the Valsalva maneuver (forced expiration against a closed glottis).

Other tests that may be prescribed by your doctor are:

visual field examination

Visit orthoptics

Magnetic resonance imaging of the orbits so we can thoroughly study the extent of the lesion within them

multidisciplinary consulting

 

treatments

Treatment is exclusively surgical and expects “occlusion” of varicose veins and is indicated in cases of thrombosis repeated, pain, severe protrusion of the eyeball and optic nerve compression.

The surgery is very complex and often does not run in a complete way because these injuries are fragile and tend to bleed easily enough.

 

Prevention

There are unfortunately preventive measures.

Diagnosi prenatale, i test di screening

La diagnosi prenatale, oggi, offre uno spettro di possibilità diagnostiche assai più ampio rispetto a non molti anni fa; rimanendo infatti inalterato il valore dell’ecografia, da ormai 40 anni strumento cardine ed insostituibile della diagnosi prenatale, gli strumenti tecnologici e di laboratorio a disposizione delle coppie in attesa si è arricchito e sviluppato rapidamente in pochi anni.

Di fronte ad una così ampia e specializzata offerta diagnostica, per i futuri genitori sembra più difficile individuare e scegliere, in modo davvero informato e responsabile, il percorso che si vuole affrontare nelle indagini prenatali sul proprio bambino.

Vediamo insieme al Dott. Stefano Acerboni, coordinatore dell’area ostetrica dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, quali sono i possibili percorsi diagnostici (invasivi o non) a disposizione delle future mamme.

Malformazioni fetali, quali esami?

“La maggior parte dei bambini nasce sana, è bene ricordarlo, ma è vero anche che raramente il feto può essere affetto da anomalie genetiche o anatomiche che possono avere grandi ripercussioni sulla sua vita e su quella dei suoi familiari – spiega il Dott. Acerboni. Oggi, sono tante le coppie che desiderano conoscere lo stato di salute del feto e che chiedono informazioni precise al loro ginecologo per decidere cosa fare”.

L’esame insostituibile per lo specialista, adatto a sospettare o a diagnosticare una malformazione fetale, è l’ecografia; la cultura e l’esperienza ecografica progressivamente aumentata in questi ultimi 30 anni e i miglioramenti tecnologici delle apparecchiature a disposizione (pensiamo alla visualizzazione 3 e 4D), hanno fatto sì che la diagnostica delle malformazioni fetali conoscesse un globale miglioramento.

L’accuratezza diagnostica (“detection rate”) per ogni distretto anatomico fetale è migliorata negli anni. Così, di pari passo si registra un sostanziale miglioramento qualitativo delle consulenze post-diagnosi.

A seconda delle malformazioni e dei distretti fetali interessati, è oggi possibile anticipare la diagnosi di molte anomalie fetali anche di diverse settimane, con un incalcolabile guadagno di tempo e di sofferenza.

È possibile, infatti, sospettare o escludere alcune gravi ed importanti malformazioni già a 12-16 settimane (cerebrali, cardiache, scheletriche).

“Ancora oggi – continua il medico – l’ecografia morfologica della 20esima settimana è il momento diagnostico irrinunciabile da parte di chi segue la gravidanza.

Quali sono i fattori di rischio per anomalie fetali?

Le condizioni considerate maggiormente predisponenti al rischio di anomalie fetali sono la presenza di anomalie nelle gravidanze precedenti, difetti genetici familiari e l’aumentare dell’età materna, in particolare se superiore ai 35 anni.

Diagnosi prenatale non invasiva

I test di screening di alcune anomalie di numero dei cromosomi sono disponibili da qualche anno, non comportano nessun rischio per mamma e bambino e impiegano solo tecniche non invasive (ecografia e prelievo venoso alla mamma). Questi test non svolgono diagnosi cromosomica, ma calcolano con elevata accuratezza il rischio di patologia di numero di alcuni cromosomi specifico per quella gravidanza.

Il rischio di non ottenere un risultato o di incorrere nei “falsi positivi” o nei “falsi negativi” è sostanzialmente molto basso.

L’introduzione dei test di screening ha, di fatto, permesso in questi anni di ridurre di molto il numero di villocentesiamniocentesi eseguite e, di conseguenza, la pericolosità delle diagnostiche invasive (circa il 1% può provocare la perdita della gravidanza) che oggi per lo più vengono riservate alle pazienti che presentano un rischio aumentato durante lo screening.

Traslucenza nucale – bitest e “DNA Fetale”

Questi due test, che si eseguono dalla 11esima settimana di gravidanza, sono stati messi a punto per calcolare il rischio individuale di essere affetto da un’anomalia di numero di alcuni cromosomi (la più nota e più frequente è quella che riguarda la coppia di cromosomi 21, trisomia 21, o Sindrome di Down); lo stesso calcolo viene eseguito per i cromosomi 13 e 18 ed è possibile anche per i cromosomi sessuali (X e Y), le cui alterazioni di numero configurano alcune sindromi caratteristiche.

Sono entrambi test di screening che esitano in un calcolo del rischio, non in una diagnosi di malattia, con elevata accuratezza (superiore al 90-95 %) e soprattutto a rischio zero (cioè non comportano alcun rischio per mamma e feto, essendo basati su esame ecografico e/o prelievo venoso alla mamma).

Si devono tenere presenti le quote di “falsi positivi” e di “falsi negativi” del test sapendo che i primi porteranno la coppia a sottoporsi alla diagnostica invasiva (villocentesi o amniocentesi) per verificare la diagnosi, mentre i secondi potrebbero portare ad una mancata diagnosi di malattia ed esitare con la nascita di un bimbo affetto.

Se dai risultati del test di screening emerge un rischio aumentato per una di queste malattie, la coppia viene convocata in tempi brevi per discutere con il medico di riferimento dell’esito ottenuto e quindi decidere come proseguire con gli eventuali step diagnostici successivi, sempre personalizzando ed “individualizzando” il caso in oggetto per ogni coppia.

Ricerca del DNA fetale e translucenza

I test di screening sono esami non invasivi e dunque privi di rischio per il feto. Permettono di calcolare il rischio per quella specifica mamma che il suo bambino sia affetto da anomalie di numero di alcune coppie di cromosomi.

Sebbene attendibili a più del 90 %, questi test non sono infallibili.

In caso di positività, anche in seguito al confronto e alla valutazione con il ginecologo, sarà la coppia a decidere se sottoporsi a ulteriori indagini, sia ancora di screening o definitivamente diagnostiche (procedure invasive come villocentesi o amniocentesi).

I principali test di screening sono la ricerca del DNA fetale nel sangue materno e la translucenza nucale.

La ricerca del DNA fetale nel sangue materno serve per valutare il rischio che il bambino sia affetto da alcune cromosomopatie di numero. La gestante viene sottoposta a semplice prelievo di sangue e l’analisi di laboratorio ricerca, nel campione di sangue prelevato, frammenti di DNA del nascituro provenienti dalla placenta.

La translucenza nucale invece si esegue nel corso di un’ecografia, misurando lo spessore dello spazio retronucale sottocutaneo del feto, e fornisce, insieme ad altri dati ecografici e demografici della mamma, un calcolo sul rischio di Sindrome di Down e altre sindromi a carico del feto.

Diagnosi prenatale invasiva

La villocentesi

La villocentesi è un esame diagnostico prenatale invasivo con un margine di rischio per il feto e il buon andamento della gravidanza calcolato in circa all’1%. È, pertanto, un esame delicato che necessita sempre di un’accurata valutazione in cui la coppia e lo specialista devono considerare il bilancio tra le necessità diagnostiche della coppia ed il rischio insito nella procedura.

Si tratta di una specie di piccola biopsia della placenta sotto guida ecografica, utilizzando un ago che viene introdotto dal ginecologo nell’addome della gestante e che rimane in addome circa 30 secondi. L’ago preleva per aspirazione i villi coriali della placenta e non attraversa lo strato delle membrane amniotiche (la placenta ne è all’esterno). Da questo materiale, opportunamente trattato e coltivato, si ottiene il cariotipo fetale, cioè l’assetto cromosomico del feto (i suoi 46 cromosomi vengono analizzati dal citogenetista e definiti normali o no, sia per quanto riguarda il loro numero, sia per quanto riguarda la loro struttura). Attraverso la villocentesi, su indicazione anamnestica familiare, si possono ricercare, se indicato, alcune malattie genetiche ereditarie, come la Fibrosi Cistica e la Distrofia Muscolare.

L’amniocentesi

L’amniocentesi si esegue tra la 15a e la 17a settimana di gravidanza. Attraverso l’introduzione di un ago nell’addome materno (sotto guida ecografica) ed attraverso la parete dell’utero e le membrane amniotiche, si accede al sacco amniotico e si preleva (circa 1-2 minuti) una quantità, irrilevante per il feto, di liquido amniotico che contiene le cellule fetali dalle quali il citogenetista, dopo trattamento colturale in varie fasi, ottiene il cariotipo, lo studio della struttura e del numero dei suoi 46 cromosomi. Come la villocentesi, anche per l’amniocentesi viene calcolato un rischio di perdita della gravidanza di circa l’1%.

“È fondamentale in questa fase – conclude il Dott. Acerboni – discutere con il proprio ginecologo dei rischi e dei benefici per valutare le diverse opzioni e prendere la migliore decisione per la mamma e il bambino”.

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