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Ginnastica propriocettiva

Ginnastica propriocettiva

Nei casi più gravi di distorsione alla caviglia, il recupero progressivo della flessione e dell’estensione iniziano prima di appoggiare il piede a terra, per evitare rigidità e per riguadagnare elasticità a livello di muscoli e tendini. L’appoggio con peso progressivo del piede a terra è la seconda tappa riabilitativa. Di solito è attuata dal paziente autonomamente e nella fase finale prevede l’uso delle stampelle solo per salire e scendere le scale, in quanto questa attività è ancora difficile da eseguire con scioltezza.

Un ruolo che potremmo definire di rifinitura a tutto il processo riabilitativo è affidato alla cosiddetta ginnastica propriocettiva. Poco conosciuta e considerata, questa tipologia di ginnastica può essere l’elemento di distinzione tra una caviglia che funziona discretamente o bene per attività di vita quotidiana e una caviglia che torna a sopportare le sollecitazioni sportive senza dolore. La ginnastica propriocettiva è utilizzata recuperare quella che potremmo chiamare sensibilità articolare, cioè quella capacità di rispondere adeguatamente agli stimoli variabili che provengono sia dal terreno sia dall’attività sportiva in carico (cambi di direzione, arresti improvvisi, salti, contrasti con gli avversari). Viene eseguita con tavolette dette “tipo surf”, costruite sia per essere utilizzate con entrambi i piedi (bipodaliche), sia con un piede solo (monopodaliche). Su queste tavolette, che sono instabili o basculanti, va ricercato ed allenato l’equilibrio della caviglia; si deve iniziare da seduti prima di lasciare le stampelle e quindi proseguire in piedi quando viene concesso il carico. Le prime volte è consigliabile avere l’assistenza di un fisioterapista.

Mappatura dei nei

Mappatura dei nei

 

Definizione

La mappatura dei nei consiste nell’acquisire in computer sia le immagini macroscopiche dei nei sia quelle demoscopiche di essi. Le immagini demoscopiche si acquisiscono con una apposita telecamera dotata di lente che si appoggia su ogni neo per cogliere immagini non visibili a occhio nudo.

 

A cosa serve la mappatura dei nei?

La mappatura dei nei serve per poter capire se uno o più nei nel tempo cambiano aspetto e diventano pericolosi, in modo da asportarli e prevenire quindi la loro degenerazione in melanoma.

 

Come funziona la mappatura dei nei?

Il paziente viene fatto spogliare e sdraiare sul lettino. Il dermatologo provvederà a effettuare tramite l’utilizzo del dermatoscopio un esame dei nei presenti sulla pelle, provvedendo alla loro mappatura. L’esame verrà poi ripetuto sull’altro lato del corpo. Le foto cliniche e demoscopiche dei nevi vengono numerate e quindi archiviate per poterle confrontare con le immagini nei mesi o anni successivi in modo da poter notare segni di modificazioni non riconoscibili a occhio nudo.

 

Chi può effettuare l’esame?

Chiunque può sottoporsi a questo esame.

 

Sono necessarie norme di preparazione?

Per sottoporsi alla mappa dei nei occorre non essere abbronzati.

 

La mappatura dei nei è dolorosa o pericolosa?

Questo esame diagnostico risulta del tutto indolore e non invasivo, non è minimamente pericoloso e non presenta alcuna controindicazione.

Aborto spontaneo

Aborto spontaneo

 

Il termine medico “aborto spontaneo” sta ad indicare un’interruzione di gravidanza che avviene spontaneamente entro i primi 180 giorni di gravidanza ed è un evento abbastanza comune: le statistiche evidenziano infatti che l’aborto spontaneo succede nel 30% delle gravidanze.

 

Che cos’è l’aborto spontaneo?

L’aborto spontaneo può essere “completo” e dunque consistere nell’espulsione spontanea totale dell’embrione o feto senza vita, o “incompleto” o “ritenuto” ossia quando la gravidanza è parzialmente o completamente presente nella cavità uterina, ma non è presente nessuna attività cardiaca del feto.

 

Quali sono le cause dell’aborto spontaneo?

Le cause che possono portare le donne in gravidanza ad un aborto spontaneo sono tante, tra le principali vi sono:

  • anomalie cromosomiche (è sicuramente la causa più frequente di abortività spontanea. La frequenza aumenta con l’aumentare dell’età materna);
  • malformazioni congenite (utero setto, unicorne ecc) o acquisite (polipi, fibromi) dell’utero;
  • incontinenza cervicale (il collo uterino tende a dilatarsi in epoca molto precoce di gravidanza, anche in assenza di contrazioni, conducendo all’espulsione del feto);
  • malattie autoimmuni o trombofiliche (in cui aumenti , cioè, la coagulazione del sangue);
  • patologie infettive come toxoplasmosi, rosolia, infezione da citomegalovirus che possono contagiare il feto e causarne la sofferenze e poi la morte;
  • infezioni vaginali non trattate;
  • insufficienza del corpo luteo che non produce abbastanza progesterone, l’ormone che favorisce l’impianto e il mantenimento della gravidanza nel primo trimestre.

 

Quali sono i sintomi dell’aborto spontaneo?

A volte possono capitare anche i cosiddetti aborti silenti, manifestazioni che nonostante la diagnosi è clinica fatta con l’ecografia, non hanno comunque presentato alcuna tipologia sintomatica. Altre casistiche hanno evidenziato invece perdite ematiche o contrazioni uterine. I sintomi con cui si può presentare un aborto spontaneo possono essere molto diversi tra loro e variabili in rapporto alle diverse situazioni cliniche.

 

Come prevenire un aborto spontaneo?

Le azioni di prevenzione dell’aborto spontaneo sono anche molto diverse e variano in base alla causa all’origine dell’aborto.

Il riposo è senza dubbio il principale deterrente e il trattamento fondamentale consigliato dal medico quando la gestante è un soggetto a rischio di minaccia d’aborto. – Una terapia preventiva a base di progesterone può essere efficace nei casi in cui si sospetti una insufficienza del corpo luteo. In caso di patologie autoimmuni (come la sindrome da antifosfolipidi) o in condizioni di eccessiva trombofilia, possono essere prescritti l’utilizzo di eparina o di acido acetil-salicilico. Quando i soggetti soffrono di incompetenza cervicale si esegue il cerchiaggio della cervice. È bene provvedere al trattamento di patologie come il diabete o a carico della tiroide già prima dell’inizio di una gravidanza.

 

Diagnosi

In linea di massima la diagnosi di aborto spontaneo viene fatta a seguito di:

  • visita ginecologica;

Possono essere prescritti anche:

  • test di gravidanza;
  • dosaggio plasmatico della frazione beta dell’ormone della gravidanza (HCG). L’HCG viene prodotto a partire dall’impianto in utero e aumenta costantemente fino al terzo mese di gravidanza. Le sue modificazioni sono utili per capire l’evolutività o meno di una gravidanza.

 

Trattamenti

Diagnosticato un aborto spontaneo, le strade possibili sono generalmente due:

1) la terapia chirurgica: è il cosiddetto “raschiamento” mediante isterosuzione. In pratica, si procede all’aspirazione del materiale abortivo ritenuto in cavità uterina, mediante una cannula inserita attraverso il canale cervicale.

2) in alcuni casi si può decidere di attendere la spontanea espulsione del materiale abortivo dall’utero o facilitarne l’espulsione stessa tramite la somministrazione di farmaci che facilitino la contrazione uterina. Si parla in questo caso di “condotta di attesa”, che viene applicata quasi esclusivamente in presenza di aborto incompleto (più raramente nel caso degli aborti interni), e soprattutto se l’aborto è avvenuto nelle settimane iniziali di gravidanza.

Amenorrea

L’amenorrea è l’assenza di ciclo mestruale e viene generalmente suddivisa in:

  • Primaria: se la donna non ha mai avuto il ciclo mestruale, al compimento del sedicesimo anno di età
  • Secondaria: quando il ciclo mestruale, prima presente in modo più o meno regolare, si interrompe.

Che cos’è l’amenorrea?

I soggetti maggiormente a rischio sono tutte quelle donne che hanno problemi di alimentazione e soffrono di disturbi che le portano ad avere un indice di massa corporea troppo basso o troppo elevato e le atlete sottoposte a rigorosi programmi di allenamento. In questi casi si è in presenza di una vera e propria assenza di ovulazione che non permette dunque di portare a termine il concepimento e le donne che ne sono affette riscontrano seri problemi a rimanere incinte. L’amenorrea di lunga data, associata a bassi livelli estrogenici, conduce dunque a maggiori rischi di osteoporosi.

Quali sono le cause dell’amenorrea?

A volte l’amenorrea è una situazione normale nella vita di una donna, come durante il periodo di gestazione, l’allattamento, la menopausa e, in alcuni casi, a causa dell’assunzione di contraccettivi. In altri casi l’assenza di mestruazioni può essere causata da alcuni farmaci (ad esempio antipsicotici, chemioterapici, antidepressivi o antipertensivi), dallo stress, dal fatto di essere sottopeso, dall’eccessivo esercizio fisico o da squilibri ormonali (sindrome dell’ovaio policistico, iper e ipotiroidismo, tumori benigni dell’ipofisi, menopausa precoce). L’amenorrea può anche essere causata dalla presenza di aderenze nella cavità uterina (per esempio dopo raschiamenti ripetuti). L’amenorrea primaria è generalmente dovuta ad anomalie congenite dell’apparato riproduttore (utero, ovaie, vagina) o ad alterazioni della mappa cromosomica (come avviene per esempio nella sindrome di Turner).

Quali sono i sintomi dell’amenorrea?

In linea di massima è possibile affermare che il maggiore sintomo dell’amenorrea è l’assenza delle mestruazioni, fenomeno a cui si aggiunge in base alle casistiche altre problematiche sintomatiche quali acne, cute e capelli grassi, ipertricosi (aumento della peluria sul corpo, tipicamente sul viso), galattorrea (ossia fuoriuscita di liquido simile al latte dai capezzoli), caduta dei capelli, sterilità.

Come prevenire l’amenorrea?

Frequentemente l”amenorrea è dovuta a stili di vita poco salutari. È importante quindi avere un rapporto equilibrato con il cibo, che permette di mantenere una massa corporea idonea al corretto funzionamento degli ormoni coinvolti nel ciclo mestruale. Inoltre in molti hanno notato che anche la riduzione dello stress e un giusto equilibrio tra impegni lavorativi e momenti di riposo aiuta a prevenire i disturbi del ciclo mestruale.

Diagnosi

Un’accurata raccolta anamnestica, l’iter diagnostico dell’amenorrea che prevede la visita ginecologica abbinata all’ecografia trans vaginale e/o trans addominale, consentirà al medico ginecologico di valutare con una visione appropriata e completa l’apparato riproduttore, prendendo così in esame il funzionamento delle ovaie e dell’utero ed escludere cause malformative o genetiche.

Successivamente possono essere prescritti altri esami, fra cui:

  • test di gravidanza eseguito sulle urine o sul sangue (bhcg);
  • prelievo ematico in cui vengono valutati i livelli di alcuni ormoni di origine femminile o maschile (FSH – LH – PROLATTINA – TSH – ESTRADIOLO – PROGESTERONE – ORMONE ANTIMULLERIANO – TESTOSTERONE – CORTISOLO ecc);
  • isteroscopia (esame endoscopico che indaga la presenza di patologie a carico della cavità uterina);
  • In casi selezionati: risonanza magnetica della pelvi, laparoscopia.

Trattamenti

Il trattamento dell’amenorrea non è mai univoco e varia a seconda delle cause della problematica stessa.

Spesso, ci si limita all’osservazione e all’attesa di cicli mestruali spontanei, oppure (se la paziente non cerca figli) alla prescrizione della pillola contraccettiva

Nelle pazienti affette da squilibri dell’alimentazione, si agisce prevalentemente sul recupero o perdita del peso corporeo

Nei casi di amenorree anovulatorie in pazienti desiderose di prole, si stimola l’ovulazione con farmaci specifici, monitorando la crescita follicolare con ecografie seriate.

Se sussistono problemi a carico dell’ipofisi (per esempio nella eccessiva produzione di prolattina) o della tiroide verranno prescritti farmaci specifici.

Se il problema nasce da una patologia malformativa potrebbe essere necessario intervenire chirurgicamente.

Candida

Candida

 

Che cos’è la candida?

L’infezione da Candida sta ad indicare in linea di massima la candidosi candidiasi, ossia l’infezione causata dalla Candida albicans, il fungo che si trova nelle mucose genitali. La Candida abita comunemente nella vagina, ma può mutare in patogena e causare conseguentemente irritazione anche grave alle mucose.

Le statistiche rivelano che i 2/3 circa delle donne in età fertile almeno una volta nella vita ne sono state affette. La candida albicans si trova anche nel cavo orale, in questo caso può causare un’infezione fastidiosa denominata mughetto.

 

Quali sono le cause della candida?

La candida albicans è naturalmente presente nel corpo umano e in una situazione normale non è fattore scatenanti di alcun fastidio. In determinate circostanze però può proliferare e manifestarsi con sintomi fastidiosi. Questo avviene, per esempio, dopo una terapia antibiotica, o anche nei soggetti immunodepressi, nelle donne diabetiche, in gravidanza o talvolta nelle donne che utilizzano i contraccettivi orali.

 

Quali sono i sintomi della candida?

Le infezioni da candida possono verificarsi sia in soggetti donne sia gli uomini.

Nelle donne i sintomi consistono per lo più in arrossamento delle mucose genitali, perdite bianche “tipo ricotta” e prurito; possono inoltre esserci dolore durante i rapporti sessuali e bruciore alla minzione, in quanto l’urina percorre i tratti di mucosa infiammata.

Gli uomini hanno invece un’eruzione cutanea con arrossamento al glande che talvolta può coinvolgere anche l’area del prepuzio, con conseguente bruciore. Tuttavia numerosi soggetti hanno anche lamentato episodi di perdite biancastre e materiale caseoso intorno al prepuzio, frequentemente le casistiche hanno evidenziato che i sintomi appaiono a seguito di rapporti sessuali.

 

Come prevenire la candida?

La Candidiasi non è necessariamente legata ai rapporti sessuali, anche se la trasmissione avviene per via sessuale e proprio per questo motivo il preservativo è un utile alleato nella prevenzione alla candida. Nella prevenzione della candidosi gioca un ruolo importante anche una corretta igiene intima, usando detergenti acidi. È consigliabile inoltre preferire biancheria di cotone ed evitare indumenti troppo stretti.

Molti medici consigliano anche l’assunzione di lattobacili (fermenti lattici) per via vaginale e/o orale ogni volta che si deve effettuare una terapia antibiotica.

 

Diagnosi

La candidosi può essere diagnosticata attraverso la storia clinica e l’esame obiettivo, oppure effettuando uno striscio vaginale nelle donne o un tampone uretrale negli uomini.

 

Trattamenti

La candida si cura con trattamenti antifungini, la terapia potrebbe prevedere sia farmaci per bocca, sia per uso locale (creme, ovuli o lavande).

È necessario trattare entrambi i partner sessuali, al fine di evitare il cosiddetto effetto “ping-pong”, ossia il passaggio dell’infezione dal partner non trattato all’altro.

Il trattamento può essere efficace nel bloccare l’infezione, impedendo al fungo di proliferare, ma non può eliminarlo dall’organismo; sono pertanto possibili recidive in futuro.

Cervicite

Cervicite

 

La cervicite è l’infiammazione della cervice uterina, o collo dell’utero, la porzione inferiore dell’utero, localizzata in fondo al canale vaginale.

 

Che cos’è la cervicite?

Spesso la cervicite è il risultato di un’infezione a trasmissione sessuale dovuta ad agenti patogeni come clamidia o gonorrea (la quale crea generalmente una cervicite muco-purulenta). Ma diverse possono essere le cause alla base di questa infezione. In alcuni casi la cervicite è asintomatica; in altri casi le donne che ne soffrono possono notare sanguinamenti intermestruali e cambiamenti nelle perdite vaginali.

 

Quali sono le cause della cervicite?

Diverse sono le cause alla base della cervicite, per lo più sovrapponibili a quelle che provocano la vaginite. Tra le più frequenti troviamo:

le infezioni sessualmente trasmesse da batteri e protozoi (tra cui gonorrea, clamidia, tricomoniasi) e virus (herpes genitale);

reazioni allergiche: l’allergia agli spermicidi o al lattice dei preservativi;

proliferazione batterica: una crescita eccessiva di alcuni batteri normalmente presenti nella vagina (condizione nota come “vaginosi batterica”) può portare all’infezione della cervice.

 

Quali sono i sintomi della cervicite?

Spesso la cervicite è asintomatica. Quando, invece, sono presenti sintomi, quelli più frequentemente riportati dalle pazienti sono:

  • cambiamento di colore, odore e/o quantità di secrezioni vaginali
  • prurito e/o bruciori
  • dolori durante i rapporti sessuali
  • sanguinamenti intermestruali e/o in seguito a rapporti sessuali

 

Come prevenire la cervicite?

I trattamenti e gli accorgimenti per la prevenzione della cervicite sono vari:

  • dopo aver utilizzato la toilette, è buona regola pulirsi dal davanti verso il dietro, e non il contrario: in questo modo si evita la diffusione di batteri presenti nelle feci in vagina e all’ingresso del collo dell’utero;
  • utilizzare il preservativo durante i rapporti sessuali aiuta a evitare le malattie sessualmente trasmesse, potenzialmente responsabili di cerviciti.

 

Diagnosi

La diagnosi deve essere fatta da un medico specialistico, il quale potrà avvalersi di:

  • esame obiettivo ginecologico durante il quale verrà effettuata una palpazione degli organi pelvici e un’osservazione visiva della cervice;
  • prelievo di fluido cervicale da far analizzare;
  • esame delle urine, per escludere infezioni delle vie urinarie.

 

Trattamenti

Molte infezioni alla cervice regrediscono spontaneamente. Quando, tuttavia, il medico ravvisi l’esigenza di sottoporre la paziente a trattamento, le opzioni disponibili variano in base al tipo di cervicite:

in caso di infezione batterica il trattamento prescritto sarà a base di antibiotici somministrati per via vaginale, orale o intramuscolare (nel caso per esempio dell’infezione gonococcica);

se la causa è virale, come nel caso dell’herpes genitale, il trattamento si baserà sulla somministrazione di farmaci antivirali per uso locale o sistemico;

nel caso di infezioni sessuali, per evitare di trasmetterle al proprio partner, è raccomandata l’astinenza dai rapporti sessuali fino a quando l’infezione non risulta regredita.

Cistite interstiziale (Dolore pelvico cronico)

Cistite interstiziale (Dolore pelvico cronico)

 

Con il termine di cistite interstiziale si indica una disfunzione medica cronica nelle pareti pelviche che permette un normale urinare. Il dolore è percepito come costante oppure ciclico da più di sei mesi.

 

Che cos’è la cistite interstiziale?

La cistite interstiziale è una condizione del corpo umano in cui si ha un’infiammatoria cronica della vescica e può affliggere soggetti di qualsiasi età, uomini o donne – anche se si riscontra con maggiore facilità nei pazienti di genere femminile. Al contrario di quanto accade dei casi di soggetti affetti da cistite comune non è causata da stress, viceversa il dolore continuo può causare disturbi psicologici quali ansia e depressione. L’evoluzione della malattia è lentamente ma progressivamente ingravescente, con deterioramento delle funzioni vescicali e ripercussioni che possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita.

 

Quali sono le cause della cistite interstiziale?

Le cause che danno origine ai casi di problemi di cistite interstiziale non sono attualmente note del tutto, per lo più si ritiene che la principale causa scatenante possa essere identificabile con l’infezione delle vie urinarie, un intervento chirurgico o anche una malattia virale. L’ipotesi più accreditata resta tuttavia quella del progressivo indebolimento del rivestimento delle pareti vescicali, costituito da glicosaminoglicani, con funzioni di sostegno e protezione. L’assottigliamento dello strato protettivo permette alle sostanze irritanti nelle urine di aggredire le pareti vescicali, innescando un processo infiammatorio.

 

Sintomi

Le statistiche indicano il 33% dei casi presenta una sintomatologia decisamente simile ai sintomi che si manifestano nei casi di cistiti, si presenta dunque una situazione che è associata a stimolo impellente a urinare e dolore durante la minzione. A differenza della cistite comune, però, si ritiene che la cistite interstiziale non sia causata da batteri, e che per questo non risponda alla terapia convenzionale con antibiotici. Il dolore spesso interferisce con la vita sessuale, che risulta ostacolata da questo disturbo. Gli uomini possono manifestare dolore ai testicoli, allo scroto, al perineo o al pube, e avere anche episodi di eiaculazioni dolorose. Pare inoltre che la cistite interstiziale sia associata ad alcune condizioni croniche e sindromi dolorose come la vestibolite vulvare, le fibromialgie e la sindrome del colon irritabile.

 

Diagnosi

Spesso non è semplice arrivare ad una diagnosi. Esami delle urine (urinocoltura, citologia urinaria, ricerca del BK nelle urine) ed ecografie dell’apparato urinario sono utili a escludere altre patologie vescicali con sintomatologia simile. Altri accertamenti sono l’uretrocistoscopia (endoscopia della vescica attraverso l’uretra) in narcosi con distensione della vescica, utile a evidenziare eventuali emorragie puntiformi e ulcere (ulcere di Hunner, dal nome dello studioso che per primo le ha descritte) che sono nettamente pertinenti alla malattia. La distensione della vescica, fatta in anestesia generale e consistente nel riempimento della vescica con una soluzione fisiologica, può inoltre contribuire ad alleviare il dolore. Infine, la biopsia della vescica consiste nel prelievo di un frammento della parete vescicale. Con un esame istologico mirato, è possibile escludere patologie più gravi, nonché la presenza e il grado di infiammazione provocato dalla cistite interstiziale.

 

Trattamenti

Per curare la cistite interstiziale può essere necessario combinare una pluralità di trattamenti. Le terapie possono essere orali, con farmaci che contribuiscono a riparare la mucosa vescicale danneggiata, nonché antidepressivi, antinfiammatori, analgesici, antistaminici. Terapie endovescicali, con instillazione di glicosaminoglicani. Soluzioni a base di acido ialuronico e condroitinsolfato che possono migliorare la sintomatologia. In ogni caso, una diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni irreversibili e per individuare il prima possibile una terapia idonea.

Cistite

Cistite

 

La cistite è un’infiammazione acuta, subacuta o cronica della vescica ed è per lo più assciabile ad un’infezione batterica, altre volte, anche se con frequenza assai minore, la causa scatenante può essere identificabile nell’assunzione di farmaci o molecole irritanti come prodotti per l’igiene intima o gel spermicidi.

 

Che cos’è la cistite?

L’infiammazione della vescica associata alla zona della cistite può provocare fastidi di varia entità, a volte anche molto dolorosi. Nella maggiorparte dei casi non si tratta di un problema pericoloso per la salute, salvo le casistiche registrate in cui l’infezione arriva ad estendersi anche ai reni.

 

Quali sono le cause della cistite?

La cistite è generalmente sostenuta da germi che popolano l’ultimo tratto dell’intestino; in molti casi il batterio in questione è l’Escherichia coli. Questi microrganismi possono raggiungere la vescica dall’esterno tramite l’uretra, dall’interno attraverso la propagazione da organi vicini, o ancora per via ematica. Più raramente può essere sostenuta da infezioni virali o fungine.

Esistono, però anche forme di cistite non associate a un’infezione batterica. È questo il caso della cistite interstiziale, un’infiammazione cronica della vescica dalle cause non ancora chiarite, probabilmente di origine multifattoriale; della cistite scatenata dai farmaci; della cistite associata a trattamenti con radiazioni; della cistite da sostanze chimiche.

 

Quali sono i sintomi della cistite?

I sintomi principali della cistite includono uno stimolo persistente, frequente e urgente a urinare in piccole quantità e una sensazione di bruciore durante la minzione. A questi si possono aggiungere la presenza di sangue nelle urine, dolore o sensazione di pressione nell’area pelvica, urine opache e dall’odore intenso e una leggera febbre.

 

Come prevenire la cistite?

La prevenzione migliore dei fastidi della cistite è bere molto. Inoltre è consigliabile regolarizzare l’intestino, assecondare lo stimolo alla minzione e pulirsi sempre con movimenti dall’avanti al dietro per evitare che i batteri passino dal distretto anale all’uretra, soprattutto nel caso delle donne. In aggiunta, durante il ciclo mestruale e dopo l’attività sessuale, le norme igieniche vanno rispettate e intensificate. E’ essenziale limitare se non evitare del tutto l’utilizzo di prodotti irritanti. Si deve cercare anche di non trattenere l’urina per troppe ore e svuotare bene la vescica più volte al giorno.

 

Infine, ma non per ultimo, indossare abitualmente indumenti intimi stretti o in tessuto sintetico o anche pantaloni troppo aderenti è pericoloso non solo per il surriscaldamento della zona pelvica, ma anche per l’irritazione locale che questi indumenti possono causare. Il tutto promuove l’insorgenza di disturbi fastidiosi dell’apparato genitale esterno (arrossamenti cutanei, comparsa di prurito e qualche lesione da grattamento) e di conseguenza prepara il terreno ai batteri.

 

Diagnosi

In presenza dei sintomi della cistite il medico può prescrivere in prima battuta l’analisi delle urine e l’urinocoltura per verificare la presenza di batteri e identificarli.

Esami di secondo livello saranno prescritti in base alla storia clinica del paziente al fine di escludere condizioni patologiche pre-esistenti che possono rendere la cistite una loro conseguenza.

 

Trattamenti

In genere la cistite, se scatenata da un’infezione batterica, può essere curata con l’assunzione di antibiotici. Più in generale, il trattamento più adatto dipende dalla causa alla base dell’infiammazione.

Nel caso della cistite batterica la durata del trattamento varia a seconda del tipo e della gravità dell’infezione e dalla storia clinica del paziente.

Il trattamento della cistite interstiziale è più complesso e può prevedere l’utilizzo di farmaci assunti per via orale, instillati o infiltrati in vescica, manipolazioni della vescica stessa o la stimolazione di alcuni nervi al fine di ridurre il dolore o la frequenza della minzione.

Importante escludere e quindi trattare condizioni predisponenti di base che possono essere la causa della cistite stessa.

Cistocele

Cistocele

 

Il cistocele è un prolasso della vescica, ossia una specifica problematica dell’organismo umano che prevede una situazione in cui il tessuto di supporto tra vescica e parete vaginale risulta indebolita e questo porta alla formazione di una vescica sporgente all’interno della stessa vagina.

 

Che cos’è il cistocele?

A volte la vescica può arrivare a sporgere nella vagina: questo prolasso prende il nome di cistocele ed è associato a un indebolimento del tessuto di supporto 0mpresente fra i due organi. Il rischio di avere a che fare con questa condizione aumenta in caso di parto naturale, nelle donne sottoposte a isterectomia e con l’invecchiamento, soprattutto dopo la menopausa, quando i livelli degli ormoni che contribuiscono a rafforzare i muscoli pelvici diminuiscono. A volte entra in gioco anche la predisposizione genetica. Alcune donne, infatti, nascono con tessuti connettivi più deboli, una condizione che le rende più predisposte allo sviluppo di un cistocele.

 

Quali sono le cause del cistocele?

La formazione del cistocele è associata a un indebolimento dei muscoli e dei legamenti del pavimento pelvico, che può essere dovuto all’invecchiamento o a traumi variabili dalle forze cui sono sottoposti durante il parto a una tensione muscolare cronica. Fra i fattori di rischio sono inclusi la gravidanza e il parto naturale, il sovrappeso e l’obesità, il sollevamento ripetuto di pesi eccessivi, gli sforzi associati ai movimenti intestinali e tosse o bronchite croniche.

 

Quali sono i sintomi del cistocele?

I casi di cistocele lievi possono rimanere asintomatici. Nelle altre situazioni i sintomi possono arrivare ad includere una larga gamma di sensazioni tra cui anche un senso di pienezza o di pressione a livello pelvico e vaginale (soprattutto quando si rimane in piedi a lungo), un fastidio che aumenta in caso di sforzo, tosse, pressione o sollevamenti, la protrusione di tessuti che nei casi più gravi possono fuoriuscire dalla vagina dando la sensazione di essere sedute su un uovo e che possono rientrare nei momenti in cui si assume una posizione sdraiata, la sensazione di non aver svuotato completamente la vescica dopo la minzione, infezioni ripetute alla vescica e dolore o perdita di urina durante i rapporti sessuali.

Clamidia

Clamidia

 

La Clamidia è una malattia sessualmente trasmessa causata dall’infezione di un microrganismo, la Clamidia Trachomatis. Questo batterio si trasmette prevalentemente attraverso i rapporti sessuali. È ammessa anche la trasmissione verticale da madre a figlio durante la gravidanza.

L’infezione da Clamidia colpisce prevalentemente le donne, ma non disdegna il sesso maschile. La malattia è quasi sempre asintomatica, oppure può dare sintomi modesti che vanno dall’irritazione vaginale a bruciori e irritazione durante la minzione, sino alla sensazione di peso e dolenzia a livello pelvico e a perdite ematiche vaginali. Se l’infezione progredisce, possono esserne intaccate le tube e le ovaie, con la formazione di processi infiammatori a loro carico (idrosalpinge, ascesso tubarico, sindromi aderenziali) e l’aggravamento dei sintomi (dolori addominali, febbre, diarrea, nausea). I processi infiammatori a carico della pelvi e delle tube, portano a una diminuzione della funzione degli organi riproduttivi, con rischio di infertilità.

Di frequente, quindi, proprio la sua natura di malattia “silenziosa” porta a trascurare i rischi, che, invece, in alcuni casi possono essere molto importanti. Basti pensare che la Clamidia è una delle malattie sessualmente trasmesse più diffuse al mondo, insieme a Gonorrea e Sifilide (in passato chiamate malattie veneree). Per questo quando si presentano sintomi anche transitori, ma anomali, bisognerebbe riferirli subito al medico curante per gli esami del caso.

 

Che cos’è la clamidia?

La Clamidia è un’infezione batterica, causata da un microorganismo, la Clamydia trachomatis ed è una delle più comuni. Decisamente frequente nelle donne, affligge indifferentemente uomini e donne, con un picco intorno ai vent’anni, ossia all’inizio della vita sessuale attiva. Il batterio si trasmette, infatti, prevalentemente attraverso rapporti sessuali non protetti, vaginali, anali e orali, e anche durante la gravidanza dalla madre al feto.

 

Quali sono i sintomi della clamidia?

I sintomi della Clamidia sono spesso lievi e transitori. Generalmente includono:

  • Dolore mentre si urina (dolore minzionale)
  • Macchie arrossate sui genitali
  • Dolori al basso ventre o senso di peso
  • Prurito genitale e pubico
  • Perdite vaginali nelle donne
  • Rapporti sessuali dolorosi nelle donne (dispareunia)
  • Dolore ai testicoli negli uomini
  • Dolore rettale nell’uomo e nella donne
  • Ingrossamento dei linfonodi inguinali

 

Quali sono le cause della clamidia?

La causa della malattia è un batterio, la Clamydia trachomatis, che si trasmette durante i rapporti sessuali e per via materno-fetale.

 

Diagnosi

La diagnosi della patologia a volte è semplice e rapida. Generalmente si esegue mediante:

Un tampone vaginale e cervicale, nel caso delle donne, uretrale o anale nel caso di entrambi i sessi.

Un test colturale delle urine, per uomo e donna, per individuare la presenza del batterio.

 

A volte la diagnosi è più difficile e si attua solo attraverso la laparoscopia, esame endoscopico che si effettua introducendo uno strumento ottico, collegato a una telecamera, in addome. La laparoscopia permette l’individuazione delle aderenze formatesi a carico degli organi pelvici e delle alterazione delle tube e delle ovaie a seguito del processo infiammatorio acuto o cronico.

 

Trattamenti

La Clamidia si cura con antibiotici mirati. Sono necessarie, mediamente, due settimane di cura durante le quali si assume l’antibiotico prescritto dallo specialista. L’antibiotico è in grado di debellare l’infezione, ma non di eliminare i danni d’organo creati dal microorganismo.

 

Come prevenire la clamidia?

La prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse risiede principalmente nell’adozione di una sana e corretta vita sessuale (igiene durante e dopo i rapporti, utilizzo del preservativo, attenzione alla scelta dei partners sessuali). Nelle malattie a trasmissione sessuale il preservativo non è sempre sufficiente a proteggere completamente dalle malattie, ma è il mezzo più efficace per ridurre il rischio di infezione.

 

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