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Ricerca ospedaliera, quando il presente pensa anche al futuro

Molti medici all’attività medica e chirurgica affiancano quella non meno importante della ricerca. Un’attività fondamentale per lo sviluppo della medicina: tante piccole azioni che, messe insieme, conducono spesso a traguardi a volte addirittura inimmaginabili, capaci di avere un impatto positivo enorme sull’evoluzione di percorsi di cura già di per sé sempre più affinati e affidabili.

Come viene gestita l’attività di ricerca all’interno degli ospedali, dove molto del tempo deve essere ovviamente impiegato nella cure dirette dei malati? L’ha spiegato Emilio Bombardieri, Direttore scientifico di Humanitas Gavazzeni Bergamo, sulla pagina “Salute” dell’Eco di Bergamo di domenica 5 agosto 2018.

Quale iter segue la ricerca svolta in ospedale?

«In Humanitas Gavazzeni i medici affiancano la ricerca clinica all’attività assistenziale. Parte del loro tempo è dedicato allo studio effettuato su gruppi di pazienti affetti da diverse tipologie di malattie, su piani terapeutici, sugli effetti di applicazioni diagnostiche, su procedure, nuovi presidi e nuovi farmaci. Il tutto eseguito rispettando le rigide metodologie di ricerca basate sui principi etici della sperimentazione e sulle regole dell’osservazione scientifica, che deve condurre a risultati significativi dal punto di vista statistico, dimostrabili e ripetibili».

Quali sono gli ambiti di ricerca in Humanitas Gavazzeni?

«Molti di questi studi sono in ambito oncologico, altri riguardano altre discipline come cardiologia, ortopedia, oculistica, neurologia, urologia e medicina nucleare. Ogni attività in questo senso è regolata da leggi molto severe e da protocolli vincolanti, che garantiscono al malato la piena libertà di scelta e l’opportunità di contribuire al progresso delle conoscenze».

Ci può fare qualche esempio di questa attività?

«Nell’ambito dell’oncologia i nostri medici ricercatori studiano l’approccio immunoterapico ai tumori polmonari in alcuni tipi di pazienti. L’obiettivo è ampliare la percentuale di pazienti in grado di trarre beneficio da queste terapie attraverso la sperimentazione di nuove combinazioni di farmaci, il cui utilizzo viene testato nelle varie fasi della malattia. Un altro ambito è quello neurologico. Qui il campo di ricerca riguarda le demenze, uno dei mali del nostro secolo. I nostri neurologi stanno conducendo uno studio internazionale chiamato Recage che coinvolge altri 12 centri distribuiti in Italia, Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Grecia e Norvegia. Un lavoro che ha una durata di tre anni, alla fine dei quali sarà stimata l’efficacia clinica delle cure prestate su persone che presentano sintomi comportamentali e psicologici tipici della demenza».

Altri ambiti di ricerca sono il cuore e le malattie degli occhi…

«Sì, i cardiologici sono ora concentrati sullo studio della correlazione tra apnee notturne e disfunzioni cardiache. La Sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS) è risaputo sia responsabile di alcune patologie a carico di vari sistemi, oltre a quello cardiaco-circolatorio anche quelli polmonari e renali. La ricerca di Humanitas Gavazzeni riguarda nello specifico le relazioni tra fibrillazione atriale, scompenso cardiaco e OSAS in pazienti portatori di speciali pacemaker capaci di rilevare con particolare precisione il verificarsi delle apnee notturne. Gli oculisti, dal canto loro, sono al lavoro su più fronti. Il primo riguarda le maculopatie, malattie della retina legate all’età e alla presenza di diabete. Una patologia che riguarda moltissime persone: si pensa che nel 2020 nel mondo se ne registreranno addirittura 196 milioni di casi. L’attività di ricerca consiste nel trattare queste malattie in uno stadio quanto più precoce, valutando al contempo l’efficacia di nuove tecnologie e terapie antinfiammatorie, visto che recenti scoperte hanno evidenziato l’esistenza di una correlazione tra maculopatia senile e stati di infiammazione cronica».

Quanto è importante la condivisione di intenti in ambito di ricerca?

«È fondamentale. Non si può prescindere dall’interdisciplinarietà e dall’applicazione di multiple competenze. Un esempio viene dalla chirurgia ortopedica e riabilitazione, che stanno mettendo in pratica proprio una grande interazione tra il mondo sanitario e quelli dell’ingegneria e dell’informatica».

 

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