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Quando il cuore ha una “perdita”: per curarla viene in aiuto il robot

La valvola mitrale è una delle quattro valvole cardiache posta tra l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro del cuore: si apre e si chiude nel cuore di ognuno di noi 100mila volte al giorno e ha compito di far sì che il sangue faccia il suo giusto percorso, assicurando lo scambio corretto di ossigeno e anidride carbonica. A volte però la valvola può ammalarsi, presentando una stenosi, vale a dire un restringimento, o ciò che viene chiamata insufficienza, cioè una perdita o prolasso.

In cosa consiste, quali sono le cure e quale il trattamento? Risponde il dottor Alfonso Agnino, direttore della Cardiochirurgia robotica e mininvasiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Dottor Agnino, qual è la differenza tra stenosi e insufficienza della valvola mitralica?

“Quando la valvola è troppo stretta e, quindi, siamo di fronte ad una stenosi, non lascia entrare il sangue nel ventricolo, rendendo difficile il passaggio del sangue dal circolo polmonare verso il ventricolo sinistro. L’insufficienza mitralica, invece, è un difetto di chiusura della valvola mitrale che fa sì che parte del sangue pompato dal ventricolo sinistro refluisca nell’atrio sinistro invece che andare in aorta: vuol dire quindi che il flusso si inverte, invece di andare nella giusta direzione torna indietro verso i polmoni. La più diffusa, a livello di incidenza, è l’insufficienza mitralica”.

Quante persone colpisce?

“Il prolasso della valvola mitrale è una patologia di origine ereditaria e congenita per il 90% dei casi, vale a dire presente sin dalla nascita, e si stima che a soffrire di prolasso della valvola mitrale sia circa il 2-3% della popolazione mondiale: vale a dire circa 180 milioni di persone nel mondo e più di un milione in Italia”.

Quali sono i sintomi?

“Spesso, in principio, si tratta di una malattia asintomatica. In seguito può manifestarsi con sintomi (come tosse, palpitazioni e difficoltà respiratorie) molto vari per intensità e gravità e di difficile diagnosi perché comuni ad altre patologie”.

Come diagnosticarla?

“Dal momento che, molto spesso, è una patologia asintomatica, solo esami diagnostici di routine, come un ecocardiogramma, possono intercettare preventivamente la malattia. Inoltre, nella maggior parte dei casi, è una patologia che si evolve nel tempo, può capitare che non si manifesti ad un primo esame, ma a distanza di anni. Per questo motivo sono fondamentali gli esami periodici, anche senza sintomatologia, per poter intervenire, prima che il difetto della valvola evolvi in forme gravi di insufficienza mitralica”.

Quali sono le cure?

“Per curarla inizialmente si può ricorrere a un approccio farmacologico per alleviare i sintomi, ma sono trattamenti di contenimento. Se arrivano ad esserci le condizioni per un intervento chirurgico ci sono tre soluzioni per riparare la valvola e quindi mantenere intatta l’architettura del cuore. La più recente e meno invasiva è la chirurgia robotica, che permette di operare in modo preciso ed efficace oltre che “soft” la valvola mitrale, dal momento che l’estrema accuratezza della mano robotica consente di ridurre al minimo il trauma dei tessuti (il cardiochirurgo con questa tecnica esegue quattro incisioni di 8 millimetri invece di aprire il torace). Questo si traduce in un’importante diminuzione del dolore, un ridotto rischio di sanguinamento e quindi dei rischi infettivi, un evidente vantaggio estetico e un rapido ritorno a una vita normale senza necessità di riabilitazione. In Europa ci sono circa 30 centri specializzati in questa metodica di intervento, solo due in Italia. Di questi noi a Bergamo siamo i primi a livello nazionale e tra i primi cinque in Europa con più di 150 casi trattati”.

Responsabile Cardiochirurgia robotica e mininvasiva