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“Café Alzheimer”: si torna in presenza con le chiacchiere per stare bene

L’Alzheimer è la più comune forma di demenza e, secondo le ultime stime dell’Istituto Superiore di Sanità, sono circa 600mila le persone in Italia a convivere con la malattia.

La gestione del paziente affetto da demenza deve riguardare, oltre all’aspetto clinico-terapeutico e scientifico, anche quello assistenziale: così che ci possa essere un miglioramento della qualità di vita dei pazienti e di chi li assiste. Questo è l’approccio su cui si fonda l’attività del Centro Disturbi Cognitivi e Demenze di Humanitas Gavazzeni, parte dell’Unità operativa di Neurologia diretta dalla dottoressa Paola Merlo.

Il Centro, oltre all’assistenza clinica, offre un aiuto assistenziale anche attraverso il Café Alzheimer: attivo da dodici anni gli incontri del ‘giovedì pomeriggio’ nella ‘Casa del Giovane’ di via Gavazzeni – dopo diversi anni nelle sale di ‘Villa Elios’ in Humanitas Gavazzeni –  sono pensati per accogliere la persona con demenza e accompagnarlo con un percorso socializzante che tiene conto delle sue difficoltà, ma soprattutto delle risorse, tramite la conversazione, la lettura del giornale, il gioco a carte, la musica e la ginnastica dolce.

Dopo due anni di pandemia in cui gli incontri sono stati sostituiti da modalità online, chiamate telefoniche e spazi virtuali di condivisione, il Café Alzheimer ha ripreso, giovedì 6 ottobre, gli appuntamenti in presenza. I gruppi sono composti da 12-15 persone affette da patologie delle demenze, ognuna di loro con un accompagnatore, che può essere un parente, un volontario o un assistente privato.

“Si tratta di un’iniziativa che riunisce in un unico contesto scienza e assistenza – spiega la dottoressa Merlo – e che coinvolge pazienti, famigliari, medici, psicologi e volontari. Il nostro scopo è donare supporto alle famiglie che hanno al loro interno persone affette da demenze, aiutarle a vivere la nuova condizione imposta dalla malattia e, soprattutto, farle sentire meno sole nel difficile compito di gestione della persona cara ammalata”.

Un momento che si basa sul modello scientifico ideato dal neurogeriatra olandese Bère Miesen e che vuole essere conviviale: uno spazio dove ritrovare il sorriso grazie alle chiacchiere, un dolce e un buon caffè, ma anche formarsi e informarsi sulla malattia, le terapie, la rete dei servizi e di sostegno emotivo e psicologico.

Il progetto è portato avanti dal team composto dalla dottoressa Merlo, dagli psicologi Raquel Taddeucci e Andrea Algeri e dai volontari di “Insieme con Humanitas” coordinati da Maura Gavazzeni e Maria Bellati (in foto), e ha da poco ricevuto il sostegno del progetto “Tessere Legami” promosso da Solco Città Aperta e dall’Ambito Territoriale di Bergamo grazie al contributo della Fondazione Comunità Bergamasca.

“È un riconoscimento che riceviamo con orgoglio perché dimostra l’importanza della nostra proposta: sempre attiva e presente nonostante i duri momenti vissuti durante la pandemia degli ultimi anni”, ha dichiarato la dottoressa Merlo.

Specialista in Neurologia e in Neurofisiopatologia