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Malattia infiammatoria pelvica

Malattia infiammatoria pelvica

 

La malattia infiammatoria pelvica (Pelvic Inflammatory Disease – PID) è un’infezione che colpisce le zone relative all’genitale femminile e la sua origine è identificabile nella presenza di batteri dalla vagina agli organi interni quali utero, tube di Falloppio, peritoneo.

La malattia infiammatoria pelvica, laddove non adeguatamente trattata, può danneggiare gli organi riproduttivi e arrivare anche ad incidere sensibilmente sull’effettiva capacità fertile del soggetto, e il problema diventa ancora più pericoloso nei casi in cui la malattia si ripete con maggiore intensità.

Si tratta anche della prima causa di gravidanza extrauterina, quella in cui l’ovocita fecondato fatica a lasciare la tuba di Falloppio e si impianta qui anziché in utero.

Nella maggior parte dei casi purtroppo è asintomatica.

 

Quali sono le cause della malattia infiammatoria pelvica?

La malattia infiammatoria pelvica è causata da batteri, la maggior parte dei quali a trasmissione sessuale quali Chlamydia trachomatis e Neisseria gonorrhoeae.

La trasmissione può avvenire nel corso di rapporti sessuali non protetti, ma anche in caso di parto, aborto spontaneo, interruzione di gravidanza, utilizzo della spirale contraccettiva.

 

Quali sono i sintomi della malattia infiammatoria pelvica?

La malattia infiammatoria pelvica può manifestarsi con:

Dolore al basso ventre

Minzione difficoltosa e/o dolorosa

Febbre

Perdite vaginali maleodoranti

Sanguinamenti vaginali anomali

Dolore durante i rapporti sessuali

In più dell’80% dei casi però la malattia infiammatoria pelvica è asintomatica.

 

Come prevenire la malattia infiammatoria pelvica?

La maniera più efficace per prevenire la malattia infiammatoria pelvica è l’utilizzo del preservativo nel corso dei rapporti sessuali.

 

Diagnosi

Il ginecologo, a partire da segni e sintomi riferiti dalla paziente, nel corso della visita ginecologica potrebbe prelevare campioni di secreto vaginale e cervicale da sottoporre ad analisi di laboratorio in modo da identificare eventuali microorganismi patogeni. In caso di forte sospetto di malattia infiammatoria pelvica potrebbe decidere di prescrivere terapia antibiotica anche prima di ricevere gli esiti degli esami.

 

Trattamenti

Il trattamento della malattia infiammatoria pelvica prevedere l’uso di antibiotici; la terapia può coinvolgere anche il partner al fine di evitare ulteriori infezioni. Per lo stesso motivo, nel corso della terapia antibiotica è consigliabile astenersi dai rapporti sessuali.

In alcuni casi è necessario il ricovero ospedaliero e la somministrazione di terapia antibiotica per via endovenosa.

Raramente si rende necessario l’intervento chirurgico.

Malattie infettive

Malattie infettive

 

Le malattie infettive un problema medico che deriva dalle azioni di contatto tra batteri, virus, funghi o parassiti e l’organismo umano.

La trasmissione può avvenire per contatto da persona a persona, attraverso punture o morsi di vettori, ingestione di acqua o alimenti contaminati.

 

Che cosa sono le malattie infettive?

Alcuni dei microorganismi e dei parassiti che possono penetrare nell’organismo umano possono dare luogo a malattie che vengono definite infettive.La comunità medica internazionale ha riscontrato casistiche registrate in cui si può assistere a situazioni dove il sistema immunitario può riuscire a sconfiggere il loro attacco, mentre in altre condizioni è il patogeno a prendere il sopravvento.

I soggetti più a rischio sono tutti quegli individui che hanno un sistema immunitario è debilitato come ad esempio coloro che stanno assumendo farmaci immunosoppressivi.

A volte, anche se non spessissimo si assiste a casistiche in cui i patogeni che normalmente causano varie tipologie di malattie infettive, sono stati associati a un aumento del rischio di tumori: il papilloma virus (cancro alla cervice), i virus dell’epatite B e C (cancro al fegato) e l’Helicobacter pylori (cancro allo stomaco).

 

Quali sono le cause delle malattie infettive?

Le malattie infettive possono essere causate da batteri, virus, funghi e parassiti.

Le malattie infettive contagiose sono causate da agenti patogeni che, in modo diretto o indiretto, vengono trasmesse ad altri soggetti recettivi. Nelle malattie infettive non contagiose la trasmissione richiede di particolari circostanze o l’intervento di appositi vettori. Le malattie infettive possono anche essere trasmesse dalla madre al bambino durante gestazione o durante il parto.

 

Quali sono i sintomi delle malattie infettive?

I sintomi delle malattie infettive possono essere molto diversi a seconda del patogeno alla loro base.

 

Come prevenire le malattie infettive?

Molte malattie infettive, come il morbillo, la varicella, l’influenza possono essere prevenute con i vaccini. In molti altri casi invece non esistono vaccinazioni in grado di impedire l’infezione.

Alcuni accorgimenti possono però limitare la probabilità che germi e parassiti penetrino nell’organismo:

è importante lavarsi sempre bene le mani, soprattutto prima di cucinare o di mangiare e dopo essere andati al bagno;

avere rapporti sessuali protetti riduce la probabilità di contrarre malattie sessualmente trasmissibili;

si consiglia di limitare la condivisione di oggetti personali come rasoi o spazzolini da denti;

quando si è ammalati è meglio non andare a lavoro o a scuola per evitare di contagiare colleghi o compagni;

quando si viaggia all’estero è bene informarsi su eventuali vaccinazioni necessarie e sui pericoli associati a patogeni particolarmente diffusi nella meta del viaggio.

 

Diagnosi

Nella diagnosi delle malattie infettive può essere necessaria l’esecuzione di diversi esami (ematici, strumentali, microbiologici) mirati all’identificazione del patogeno responsabile dell’infezione.

 

Trattamenti

Le malattie infettive meno gravi possono risolversi autonomamente mentre in altri casi possono necessitare il ricovero in ospedale.

In ogni caso la terapia più adatta dipende dal patogeno responsabile della patologia.

 

Fra i farmaci che potrebbero essere prescritti sono inclusi:

gli antibiotici, utili solo in caso di infezioni batteriche;

gli antivirali, utili contro alcuni virus;

gli antimicotici, utili contro i funghi;

gli antiparassitari, utili in caso di malattie causate da parassiti.

 

Malattie sessualmente trasmissibili

Malattie sessualmente trasmissibili

 

Le malattie sessualmente trasmissibili (MST), dette anche infezioni sessualmente trasmesse (IST) sono infezioni che si trasmettono per contagio diretto tramite contatto sessuale. Sono in genere causate da batteri, virus e protozoi che passano da un individuo all’altro mediante il passaggio, attraverso le mucose, di liquidi biologici infetti. Queste patologie possono colpire gli organi genitali o altri organi e apparati.

 

Che cosa sono le malattie sessualmente trasmissibili?

L’attività sessuale gioca un ruolo fondamentale nella diffusione di queste infezioni, ma è possibile essere infettati anche senza contatto sessuale: è quello che accade, ad esempio, nel caso di trasmissione da madre a bambino durante la gravidanza o il parto (trasmissione verticale), attraverso trasfusioni di sangue infetto o tramite l’uso di aghi o strumenti chirurgici non adeguatamente sterilizzati (tatuaggi).

 

Quali sono le cause delle malattie sessualmente trasmissibili?

Le infezioni sessualmente trasmesse possono essere causate da:

batteri (gonorrea, sifilide, clamidia);

virus (Papillomavirus umano, herpes genitale, Hiv, epatite A, B e C);

protozoi (come la tricomoniasi).

funghi (Candida Albicans)

 

Quali sono i sintomi delle malattie sessualmente trasmissibili?

Le infezioni sessualmente trasmesse possono passare inosservate per lungo tempo. Segni e sintomi possono comparire, a seconda del tipo di infezione, da alcuni giorni ad alcuni anni dopo l’esposizione. Alcune infezioni sono banali e si risolvono in pochi giorni (è il caso per esempio della Candida Albicans), o qualche settimana, senza lasciare conseguenze. Altre volte (come nel caso dell’HIV o della sifilide) la progressione della patologia può portare a complicanze serie e alcune volte letali. Alcune di queste infezioni possono decorrere in modo del tutto asintomatico per molto tempo, pur conducendo a serie alterazioni funzionali di alcuni organi con decadimento della loro funzione (è il caso per esempio dei danni a carico delle tube da parte della Clamidia Trachomatis, con conseguente infertilità).

 

Particolare attenzione si deve prestare a determinati segni:

piaghe sui genitali, nella zona rettale o nella zona orale

bruciore o dolore alla minzione

secrezioni dal pene

perdite vaginali (leucorrea)

perdite vaginali ematiche

ingrossamento dei linfonodi, soprattutto nell’area inguinale

dolori pelvici, accompagnati in alcuni casi a febbri persistenti o a diarrea

rash cutaneo su tronco, mani o piedi

 

Come prevenire le malattie sessualmente trasmissibili?

La prevenzione è fondamentale per evitare l’insorgere delle infezioni sessualmente trasmissibili. Ci sono diversi modi per evitare o ridurre il rischio di sviluppare queste malattie:

Astensione dall’attività sessuale “a rischio” (evitare rapporti sessuali occasionali, utilizzare in modo corretto il preservativo).

Vaccinazioni: per prevenire l’infezione da Papillomavirus umano (Hpv), da epatite A e da epatite B è possibile vaccinarsi.

Evitare l’uso di droghe o l’abuso di alcol, il cui effetto può favorire l’adozione di comportamenti sessuali azzardati o pericolosi.

Evitare la condivisione di tutti quegli oggetti – tra cui rasoi, forbici, aghi, spazzolino da denti – che possono penetrare la cute o le mucose.

Se si è deciso di eseguire un tatuaggio, accertarsi che vengano messe in atto correttamente le procedure per la disinfezione e sterilizzazione dello strumentario.

 

Diagnosi

Al fine di arrivare ad una diagnosi precisa di un’infezione sessualmente trasmessa è possibile eseguire diverse tipologie di indagine quali:

  • esame obiettivo specialistico
  • esami del sangue
  • analisi dell’urina
  • esami di campioni di fluidi biologici

 

Trattamenti

Il trattamento varia a seconda dell’infezione che affligge il soggetto. Le malattie sessualmente trasmissibili causate da batteri sono generalmente più facili da curare, mentre le infezioni virali possono essere seguite nel tempo, ma non sempre curate.

 

Nel caso delle infezioni sessualmente trasmesse causate da batteri e protozoi vengono impiegati antibiotici somministrati per uso locale o sistemico. È preferibile astenersi dall’attività sessuale fino al completamento del trattamento e alla regressione delle eventuali lesioni.

 

Nel caso di infezioni virali vengono impiegate terapie antivirali (come nel caso dell’Herpes) o trattamenti chirurgici locali (come nel caso dell’HPV).

Nel caso del virus dell’Hiv: nonostante non siano ancora state messe a punto terapie in grado di eliminare definitivamente il virus, le attuali cure riescono a tenerlo sotto controllo per molti anni e la mortalità causata da questa malattia è decisamente calata negli ultimi decenni.

Tumore dell’ovaio

Tumore dell’ovaio

 

Si tratta di un tumore con sede nella zona delle ovaie, ossia quegli organi a destra e a sinistra dell’utero responsabili della produzione di ormoni sessuali femminili estrogeni e progesterone e delle cellule riproduttive ovociti. Il tumore alle ovaie può svilupparsi nelle sue formazioni con connotazioni benigne, intermedie (border line) e maligne di questo tipo di neoplasia.

 

La diagnosi del tumore all’ovaio spesso avviene ad uno stadio già avanzato fino all’addome, le statistiche sono infatti abbastanza chiara e indicano solo un 20% di casi medici studiati in cui tale tumore è diagnosticato al suo stadio precoce quando esso è cioè limitato alle sole ovaie. Ciò avviene a causa del fatto che i suoi sintomi non sono univoci ma possono andare incontro a fraintendimenti medici e i professionisti del settore possono scambiarli con facilità per disturbi digestivi o dolori addominali di altra natura.

 

Le forme benigne hanno la caratteristica di non svilupparsi al di fuori delle ovaie e, quindi, di non produrre metastasi. Nel caso di tumori maligni, invece, le cellule tumorali possono andare a colpire anche i tessuti e gli organi adiacenti (nell’addome e nella regione pelvica) o lontani, attraverso il flusso sanguigno o il sistema linfatico.

 

Esistono tre tipi di tumore ovarico maligno:

  • Tumori epiteliali, che rappresentano circa l’85-90% del totale e si sviluppano dall’epitelio (sottile strato di tessuto che riveste le ovaie)
  • Tumori germinali, rari e più frequenti nelle giovani donne e nelle adolescenti, che si sviluppano dalle cellule deputate alla produzione di ovociti
  • Tumori dello stroma e dei cordoni sessuali, anch’essi rari, che originano dal tessuto di sostegno dell’ovaio, che produce gli estrogeni e il progesterone

 

Fattori di rischio

I principali fattori di rischio di questo tumore sono:

  1. Familiarità di malattia (5-10% dei casi)

storia familiare di tumore ovarico

associazione fra tumore ovarico e cancro della mammella (mutazione nei geni BRCA1 e BRCA2 del cancro alla mammella, che aumenta dal 10 al 30% il rischio di tumore alle ovaie);

sindrome di Lynch (HNPCC), che include carcinoma del colon non associato a poliposi, tumore dell’endometrio, dello stomaco, della mammella.

  1. Fattori endocrini

sterilità, trattamento ormonale per l’infertilità, policistosi ovarica ed endometriosi (per alcuni istotipi), obesità, sembrano essere correlati ad un maggior rischio di sviluppo della malattia.

al contrario, multiparità (ossia aver avuto più di un figlio), allattamento al seno e prolungato impiego di contraccettivi estroprogestinici sembrano ridurre il rischio di sviluppare questo tipo di tumore.

  1. Fattori ambientali

esposizione all’asbesto, al talco e all’alcool.

 

Non è attualmente nota alcuna correlazione fra lo sviluppo di questo tumore e l’abitudine al fumo o il consumo di caffeina.

 

Diagnosi

Sebbene non esista un esame attendibile per diagnosticare il tumore dell’ovaio, una serie di indagini possono aiutare il medico ad identificare la presenza della malattia, a partire dalla visita ginecologica.

 

Accanto all’esame clinico, indispensabile l’esecuzione di un’ecografia transvaginale, una metodica non invasiva ben tollerata dalle pazienti, utile per definire l’estensione locale della malattia (il medico inserisce nella vagina un piccola sonda per valutare l’utero sfruttando le onde sonore). Fondamentale inoltre un esame del sangue per valutare il dosaggio del CA125, proteina che risulta aumentata nella maggior parte dei tumori maligni dell’ovaio.

Le indagini strumentali utili per l’approfondimento diagnostico sono:

 

TAC: è una metodica che utilizza radiazioni ionizzanti. Viene usata per la stadiazione della malattia e per l’identificazione di eventuali noduli peritoneali.

Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): può essere richiesta in casi selezionati. E’ una metodica non invasiva, che non utilizza radiazioni ionizzanti. E’ in grado di valutare diverse strutture della pelvi e consente di definire in modo preciso la struttura delle masse tumorali.

 

PET: identifica le cellule tumorali in attività e può essere utilizzata nel sospetto di recidiva di malattia.

 

Chirurgia esplorativa: in casi selezionati, il medico può fare ricorso ad un intervento chirurgico allo scopo di confermare la diagnosi di cancro dell’ovaio. In questo modo può ispezionare dall’interno le cavità pelvica e addominale per stabilire la presenza del tumore, attraverso un’incisione piccola (laparoscopia) oppure più estesa (laparotomia). In presenza di tumore, il medico ne identifica la tipologia e ne verifica l’eventuale diffusione. Può anche asportare ed esaminare un numero variabile di campioni di tessuto (biopsie) provenienti dall’addome.

 

Trattamenti

Il trattamento del tumore dell’ovaio in Humanitas avviene con un approccio multidisciplinare, che comprende chirurgia, chemioterapia e radioterapia. La terapia ormonale può essere un’alternativa nelle pazienti che non tollerano regimi citotossici.

 

Chirurgia

Laparotomia – Attraverso un’incisione addominale il chirurgo asporta, nella maggioranza dei casi, le ovaie, l’utero, le tube di Falloppio, una piega di tessuto adiposo detta omento, l’appendice, ed eventualmente le ghiandole linfatiche adiacenti. Il chirurgo esegue inoltre delle biopsie mirate e preleva una piccola quantità di liquido addominale.

 

Esame estemporaneo intraoperatorio – Permette di eseguire un’analisi microscopica dei tessuti (effettuata dall’anatomo patologo) in pochi minuti, consentendo al ginecologo di stabilire durante l’intervento se il tumore è maligno, aumentando così la capacità di eseguire la procedura chirurgica più appropriata ed evitando alla paziente un eventuale re-intervento.

Laparoscopia con eventuale ausilio della chirurgia robotica – E’ una procedura mini-invasiva utilizzata dagli specialisti in Ginecologia di Humanitas in casi selezionati come nella ristadiazione del tumore dell’ovaio (rivalutazione della malattia dopo primo intervento incompleto), che prevede ad esempio l’asportazione di linfonodi e dell’utero.Questa procedura viene utilizzata, in casi selezionati e per alcuni tipi di neoplasia, anche nella terapia conservativa (ossia senza asportazione dell’apparato genitale nelle donne in età fertile) del tumore dell’ovaio negli stadi iniziali.

La procedura laparoscopica e/o robotica viene utilizzata anche dopo un trattamento chemioterapico per asportare l’apparato genitale interno ed i tessuti eventualmente coinvolti (linfonodi, omento, appendice…)

 

​Chemioterapia

Dopo l’intervento chirurgico è previsto un trattamento chemioterapico, in tutti gli stadi di malattia eccetto i più precoci. L’approccio standard prevede la combinazione di due agenti chemioterapici, un derivato del platino (carboplatino o cisplatino) e il paclitaxel, ripetuti per sei cicli a intervalli di tre settimane.

Altri farmaci chemioterapici per il trattamento del cancro dell’ovaio sono il topotecan, la doxorubicina liposomiale pegilata, l’etoposide, la gemcitabina, la vinorelbina, la trabectedina, usati singolarmente o in associazione.

I medici di Humanitas studiano i potenziali nuovi farmaci attraverso protocolli di ricerca clinica.

 

Radioterapia

La radioterapia consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali. Attualmente il suo utilizzo per il trattamento del cancro dell’ovaio è limitato in caso di recidiva o ripresa di malattia a distanza.

 

Protocolli di ricerca clinica

Humanitas è un “Comprehensive Cancer Center” (Centro Oncologico), in cui una delle attività consiste nel disegno e nello sviluppo di protocolli di ricerca clinica. Si tratta dell’utilizzo controllato di nuove terapie non ancora approvate ufficialmente. I protocolli di ricerca clinica hanno lo scopo di determinare la sicurezza e l’efficacia di una terapia: possono non rappresentare una cura, ma prolungare la vita o migliorarne la qualità. Tali protocolli possono prevedere l’utilizzo di nuove molecole di diversa origine, come chemioterapici o terapie biologiche, la cui azione è mirata al meccanismo di proliferazione cellulare tipico di un preciso tipo di neoplasia (farmaci “intelligenti”). Per avere maggiori informazioni e capire quali protocolli possono essere adatti al proprio caso, è opportuno che il paziente si rivolga al proprio medico di fiducia.

 

Medici

DOMENICO VITOBELLO

Responsabile di Ginecologia

RAFFAELE CAVINA

Responsabile di Sezione – Oncologia medica ed Ematologia

CRISTIANA BONIFACIO

Aiuto – Radiologia diagnostica

BARBARA FIAMENGO

Assistente – Anatomia patologica

ISABELLA MARIA GIOVANNA GARASSINO

Assistente – Oncologia medica ed ematologia

GABRIELE SIESTO

Assistente – Ginecologia

ANGELO TOZZI

Assistente – Radioterapia

Altre unità operative coinvolte:

RADIOTERAPIA E RADIOCHIRURGIA – Responsabile MARTA SCORSETTI

RADIOLOGIA – Responsabile LUCA BALZARINI

MEDICINA NUCLEARE – Responsabile ARTURO CHITI

Tumore dell’utero

Tumore dell’utero

 

Il tumore dell’endometrio è una neoplasia decisamente frequente dell’utero e interessa soprattutto le donne in post-menopausa, quindi la fascia d’età che va dai 50 ai 70 anni. Questo specifico carcinoma è origine del’80% dei casi di tumore dell’utero, mentre i sarcomi rappresentano solo il 5% delle neoplasie maligne.

 

Spesso il tumore dell’endometrio viene diagnosticato a uno stadio iniziale, perché può determinare frequentemente sanguinamenti uterini anomali (tra un ciclo mestruale e l’altro) o dopo la menopausa. Le perdite di sangue comunemente presenti in molte donne che affrontano la menopausa a volte rappresentano il primo segnale di cellule che si stanno trasformando in tessuto tumorale quindi è sempre necessario fare un controllo ginecologico.

 

Fattori di rischio

Le cause del tumore dell’endometrio non sono ancora del tutto chiare. Potrebbero rivestire un ruolo determinante i livelli di estrogeni nel sangue (ormoni femminili prodotti dalle ovaie).

 

Il tumore dell’endometrio è infatti più frequente in donne in cui esistono condizioni lasciano creare la predominanza estrogenica (elevati livelli di estrogeni senza o con bassi livelli di progesterone), quali:

terapia sostitutiva estrogenica non bilanciata

diabete

obesità

presenza di tumori che producono estrogeni

menopausa tardiva

sindrome dell’ovaio policistico

nulliparità

inizio precoce del ciclo mestruale

assenza di ovulazione.

 

Altri fattori di rischio possono essere l’età, il diabete e la sindrome di Lynch, malattia che predispone al tumore dell’utero, dell’ovaio, del colon e dello stomaco.

 

Diagnosi

La fase diagnostica prevede:

valutazione accurata della storia clinica del paziente

visita ginecologica

ecografia transvaginale: è una metodica non invasiva ben tollerata dalle pazienti. Il medico inserisce in vagina un piccola sonda per valutare l’utero sfruttando le onde sonore.

 

Questo esame permette di valutare l’epitelio che riveste la cavità interna dell’utero (rima endometriale) che, se aumentato oltre determinati parametri, merita un approfondimento diagnostico.

 

Isteroscopia: è un esame endoscopico che in Humanitas viene eseguito in regime ambulatoriale con strumenti miniaturizzati, senza necessità di anestesia generale. Permette la visualizzazione diretta dell’interno della cavità dell’utero e consente un prelievo di tessuto endometriale (biopsia).

 

Risonanza Magnetica della pelvi: è una metodica non invasiva, che non utilizza radiazioni ionizzanti. E’lo strumento diagnostico di maggior dettaglio anatomico per lo studio della pelvi, in grado di valutare l’estensione loco-regionale della malattia (tumore primitivo ed eventuali linfoadenopatie) oltre che la struttura della lesione primitiva.

 

TAC del torace e dell’addome: è una metodica che utilizza radiazioni ionizzanti, ed è indispensabile per escludere depositi a distanza della malattia (polmone).

PET: identifica le cellule tumorali in attività e può essere utilizzata in casi dubbi di localizzazioni metastatiche del tumore.

 

Trattamenti

Il trattamento del tumore dell’utero generalmete più utilizzato è quello di entità chirurgica. In Humanitas l’intervento viene eseguito con tecnica mini-ivasiva, ossia senza il taglio sull’addome. Questa metodica si avvale della più moderna tecnologia mondiale, la chirurgia robotica (tecnica standard negli Stati Uniti).

Questa procedura è anche la più usata per tutte quelle pazienti che presentano obesità sia medie che più gravi, dal momento che essa permette di limitare in modo considerevole tutta quella gamma di rischi e pericoli operatori e post-operatori, abbastanza frequenti nelle donne obese.

 

Chirurgia

Intervento mini-invasivo – Il trattamento chirurgico standard prevede l’asportazione dell’utero, delle tube di Falloppio, delle ovaie, ed eventualmente un prelievo di linfonodi adiacenti con un approccio mininvasivo (laparoscopia con eventuale ausilio del robot). Solo in pochi casi si ricorre all’intervento tradizionale (laparotomia).

Esame estemporaneo intraoperatorio – Permette di eseguire un’analisi macroscopica e/o microscopica dei tessuti (effettuata dall’anatomo-patologo) in pochi minuti, consentendo al chirurgo di stabilire durante l’intervento se il tumore è maligno e la sua esatta estensione, aumentando così la capacità di eseguire la procedura chirurgica più appropriata.

 

Esistono anche altre terapie quali chemioterapia, radioterapia, e ormonoterapia.

 

Chemioterapia

La chemioterapia post-operatoria può migliorare la prognosi in pazienti con tumore dell’endometrioin stadio avanzato, o con malattia a elevato rischio di recidiva sistemica: si tratta di tumori con un’istologia poco differenziata (esempio con un grading G3) o con infiltrazione dei vasi sanguigni e/o linfatici.

I farmaci maggiormente utilizzati sono i derivati del platino (cisplatino/carboplatino), il taxolo e l’antraciclina (epirubicina e adriamicina).

Viene inoltre utilizzata nel trattamento della malattia metastatica.

 

Radioterapia

Se la paziente è affetta da una forma aggressiva di tumore dell’utero o se è ad alto rischio di recidiva, può essere necessaria la radioterapia post-operatoria. In casi selezionati, quando la chirurgia è controindicata, il medico può raccomandare la radioterapia invece dell’intervento chirurgico.

La radioterapia può consistere in una radioterapia a fasci esterni o nella brachiterapia. In caso di indicazione a radioterapia esterna, è possibile eseguire la radioterapia a intensità modulata (IMRT) allo scopo di ridurre il danno a carico dei tessuti sani vicini.

Ormonoterapia

Nei casi di malattia avanzata e/o qualora sia controindicato un trattamento chemioterapico, può essere indicata una terapia con progesterone.

 

Protocolli di ricerca clinica

Humanitas è un “Comprehensive Cancer Center” (Centro Oncologico), in cui una delle attività consiste nel disegno e nello sviluppo di protocolli di ricerca clinica. Si tratta dell’utilizzo controllato di nuove terapie non ancora approvate ufficialmente. I protocolli di ricerca clinica hanno lo scopo di determinare la sicurezza e l’efficacia di una terapia: possono non rappresentare una cura, ma prolungare la vita o migliorarne la qualità. Tali protocolli possono prevedere l’utilizzo di nuove molecole di diversa origine, come chemioterapici o terapie biologiche, la cui azione è mirata al meccanismo di proliferazione cellulare tipico di un preciso tipo di neoplasia (farmaci “intelligenti”). Per avere maggiori informazioni e capire quali protocolli possono essere adatti al proprio caso, è opportuno che il paziente si rivolga al proprio medico di fiducia.

 

Trials

Studio di fattibilità della radioterapia stereotassica body sbrt per pazienti con linfonodi metastatici per neoplasie genito urinarie gastro-enteriche e ginecologiche.

 

Medici

DOMENICO VITOBELLO

Responsabile di Ginecologia

RAFFAELE CAVINA

Responsabile di Sezione – Oncologia medica ed Ematologia

CRISTIANA BONIFACIO

Aiuto – Radiologia diagnostica

BARBARA FIAMENGO

Assistente – Anatomia patologica

ISABELLA MARIA GIOVANNA GARASSINO

Assistente – Oncologia medica ed ematologia

GABRIELE SIESTO

Assistente – Ginecologia

ANGELO TOZZI

Assistente – Radioterapia

Altre unità operative coinvolte:

RADIOTERAPIA E RADIOCHIRURGIA – Responsabile MARTA SCORSETTI

RADIOLOGIA – Responsabile LUCA BALZARINI

MEDICINA NUCLEARE – Responsabile ARTURO CHITI

Tumori ginecologici

Tumori ginecologici

 

Con il termine medico tumori ginecologici si intendono tutte quelle neoplasie che affliggono soprattutto il sesso femminile e colpiscono la zona relativa all’utero (endometrio e cervice uterina) e le ovaie. Il tumore della cervice uterina – la parte inferiore dell’utero – è molto diffuso e rappresenta nel mondo la prima causa di morte per tumore ginecologico. Il tumore a carico dell’utero più frequente è quello dell’endometrio, comune soprattutto in post menopausa. Il tumore delle ovaie può essere di tipo maligno o benigno e coinvolge quei piccoli organi, collocati a destra e a sinistra dell’utero, deputati alla produzione degli ormoni sessuali femminili e degli ovociti.

 

Quali sono le cause dei tumori ginecologici?

Il tumore della cervice uterina è dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule che si trasformano in cellule maligne. L’infezione da Papilloma Virus (HPV) è uno dei maggiori fattori di rischio da tenere in considerazione perchè insieme ad tipologie di infezione del tratto genitale rientra proprio tra le cause scatenanti del tumore della cervice uterina.

 

Le cause del tumore dell’endometrio non sono ancora note del tutto, tra i fattori predisponenti la predominanza estrogenica (elevati livelli di estrogeni senza o con bassi livelli di progesterone); una condizione comune per esempio nei casi di obesità, diabete, menopausa tardiva.

Il tumore dell’ovaio ha invece forte familiarità, altri fattori di rischio sono: sterilità, trattamento ormonale per l’infertilità, policistosi ovarica ed endometriosi e obesità.

 

Quali sono i sintomi dei tumori ginecologici?

Il tumore della cervice uterina è soventemente – soprattutto nelle prime fasi – asintomatico. Eppure i segnali sintomatici non sono poi così chiari: sanguinamenti vaginali (al di fuori del ciclo), inusuali perdite vaginali, dolore a livello pelvico e durante i rapporti sessuali.

 

Anomali perdite di sangue vaginale (al di fuori del ciclo o in menopausa) sono il sintomo tipico anche del tumore dell’endometrio.

Anche il tumore delle ovaie non ha sintomi specifici, facilmente confondibili con disturbi a livello di digestione o dolori addominali di altra natura.

 

Come prevenire i tumori ginecologici?

Proteggersi dall’Infezione da HPV e dalle altre infezioni del tratto genitale può essere di aiuto nella prevenzione del tumore della cervice uterina, anche se l’uso del preservativo non esclude del tutto la trasmissione del virus.

 

Per saperne di più

Tumori della cervice uterina

Tumore dell’ovaio

Tumore dell’utero

Vaginite

Vaginite

 

La vaginite è un disturbo medico che consisten in un’infezione più o meno grave della vagina che si manifesta con specifiche secrezioni dal colore bianco o giallastro, anche dal cattivo odore, e comporta in taluni casi anche fastidiose sensazioni di prurito e bruciore. I cambiamenti del ph vaginale influiscono notevolmente sul suo manifestarsi, in quanto essi limitano sensibilmente la regolarità fisiologica dei batteri normalmente presenti, in vagina, favorendo l’ingresso di germi patogeni. La vaginite può essere causata da batteri (Gardnerella), funghi (Candida) e protozoi (Trichomonas), ma può anche essere provocata da alterazioni ormonali (come la riduzione dei livelli di estrogeni del periodo post-menopausale).

 

Che cos’è la vaginite?

Esistono diversi tipi di vaginite. Le cause più comuni sono:

batteri

funghi

parassiti

utilizzo di prodotti irritanti

alterazioni ormonali

 

Quali sono le cause della vaginite?

Alla base della vaginite possono esserci diverse cause. Si possono quindi distinguere:

La vaginite batterica: generalmente i batteri “buoni” presenti nella vagina sono più numerosi dei batteri “cattivi”. Può capitare che, però, i batteri “cattivi” aumentino eccessivamente di numero sconvolgendo l’equilibrio della flora batterica vaginale, e causando la vaginite batterica.

La vaginite da funghi: si verifica quando l’equilibrio vaginale subisce dei cambiamenti (per esempio dopo una terapia antibiotica) che permettono a specifici funghi – di solito la candida albicans – di attecchire.

La vaginite da parassiti: è causata tipicamente da un protozoo chiamato Trichomonas vaginalis. È una delle più comuni infezioni sessuali: il microrganismo di solito infetta il tratto urinario negli uomini in modo asintomatico e viene poi trasmesso alla donna attraverso il rapporto sessuale.

La vaginite non infettiva: diversi prodotti – detergenti intimi, detersivi per lavatrice, assorbenti, tamponi interni, spray vaginali, lavande, prodotti spermicidi – possono irritare i tessuti della vagina.

Si definisce infine “vaginite atrofica” l’infiammazione della vagina causata da alterazioni ormonali (disturbo piuttosto frequente dopo la menopausa).

La vaginite attinica: è l’infiammazione della vagina creata da terapie radianti, effettuate nella cura di alcuni tumori.

 

Quali sono i sintomi della vaginite?

I sintomi della vaginite possono includere:

cambiamento di colore, odore e/o quantità di secrezioni vaginali

prurito e/o bruciore

dolori o irritazione durante i rapporti sessuali

minzione dolorosa

leggeri sanguinamenti

 

Determinati sintomi possono aiutare a distinguere il tipo di vaginite:

  • nel caso della vaginite batterica il primo segnale di presenza di tale disturbo è costituito da tutte quelle perdite dal cattivo odore e dal colore bianco-grigiastro. L’odore può essere simile a quello del pesce e può risultare più forte dopo il ciclo mestruale o in seguito a un rapporto sessuale;
  • nella vaginite da funghi il sintomo principale è il prurito vulvo/vaginale, accompagnato da secrezioni bianche e consistenti (simili alla ricotta);
  • nella vaginite da tricomoniasi il sintomo principale è dato da secrezioni che possono andare dal giallognolo al verdastro, e possono essere schiumose. Si accompagna in genere a bruciori vulvo-vaginali.

 

Come prevenire la vaginite?

La prevenzione della vaginite è fondamentale e si attua tramire alcuni utili e sani gesti o abitudine da proporre nella propria routine quotidiana.

Evitare le irrigazioni vaginali se non necessarie: la vagina richiede una normale pulizia, alla pari delle altre parti del corpo. Sottoporre la vagina a lavaggi troppo intensi – come le irrigazioni vaginali – può sconvolgere l’equilibrio dei batteri in essa normalmente presenti e aumentare il rischio d’infezioni.

Dopo aver fatto uso della toilette, è buona regola pulirsi dal davanti verso il dietro, e non il contrario: in questo modo si evita la diffusione di batteri fecali alla vagina.

Nel lavarsi, preferire la doccia al bagno: sciacquare bene il detergente utilizzato e asciugare bene per evitare il ristagno di umidità. Non usare saponi troppo aggressivi.

Utilizzare il preservativo durante i rapporti sessuali aiuta a evitare le vaginiti che si trasmettono sessualmente.

 

Diagnosi

A volte è la stessa sintomatologia riferita dalla paziente a permettere la diagnosi da parte dello specialista. Ovviamente è molto utile l’esame specialistico ginecologico. Se necessario, durante l’esame, lo specialista potrà prelevare un campione di secrezioni da far analizzare in laboratorio per confermare il tipo di vaginite.

 

Trattamenti

Considerata la molteplicità di cause della vaginite, diversi sono i trattamenti a cui è possibile sottoporre le pazienti.

Nel caso della vaginite batterica, potrà essere prescritto un trattamento a base di antibiotici da assumere per bocca o da applicare localmente (sotto forma di crema, ovuli o gel). La terapia dura in genere 5-7 giorni.

La vaginite da funghi viene in genere trattata con farmaci antimicotici. La somministrazione può essere effettuata per via orale o locale (creme, ovuli, tavolette o capsule vaginali).

 

Contro la vaginite da tricomoniasi viene in genere prescritto l’uso di antibiotici per via orale, ma esistono anche trattamenti specifici topici.

La vaginite atrofica può essere trattata efficacemente mediante l’utilizzo di estrogeni sotto varie forme (compresse, gel, creme, cerotti). L’utilizzo degli estrogeni deve sempre essere valutato dallo specialista ed evitato in presenza di controindicazioni. Laddove non è possibile prescrivere terapie ormonali, ci si limiterà all’utilizzo di prodotti emollienti e lubrificanti. Questi stessi prodotti, sono quelli utilizzati per lo più anche nella vaginite da raggi.

Per trattare la vaginite non infettiva è necessario individuare – e rimuovere – la fonte di irritazione.

 

Acne cistica

Acne cistica

 

L’acne cistica è un particolare disturbo dalle caratteristiche cronico-infiammatorie localizzabili nel follicolo pilifero e delle ghiandole sebacee e si presenta con comedoni (punti neri chiusi e aperti), papule (elementi infiammati) e pustole (brufoli col puntino bianco o giallo).

Il comedone è un accumulo squamoso che si presenta come tappo allo sbocco dei follicoli, le papule e le pustole si formano invece a causa della crescita affrettata dei batteri della pelle all’interno dei follicoli.

 

Che cos’è l’acne cistica?

L’acne cistica è la forma più grave di acne e compare nel periodo della pubertà o tra i 20 e i 30 anni e si caratterizza per i noduli e le cisti di diversa grandezza sulle zone di viso e tronco. A soffrirne possono essere sia donne che uomini.

 

Da cosa è originata l’acne cistica?

Attualmente non sono ancora note le cause scatenanti dell’acne cistica, la comunità medica ritiene comunque che questa forma acuta possa essere connessa all’eccessiva attivazione delle ghiandole sebacee per stimolo neuroendocrino. I noduli si formano a partire dall’accumulo di secrezioni in profondità. Le cisti sono grumi pieni di pus sotto la superficie della pelle, sono dolorose e possono causare cicatrici, soprattutto se viene trattata in modo opportuno.

 

Quali sono i sintomi dell’acne cistica?

I sintomi dell’acne cistica sono la presenza dei noduli e cisti, infiammazione e dolore.

 

Come prevenire l’acne cistica?

I soggetti affetti da questo tipo di acne dovrebbero seguire i consigli di seguito per trattare il disturbo:

  • Detergere con regolarità, ma non troppo frequentemente, la pelle con prodotti delicati e non schiumogeni. Per detergere la pelle da cellule morte e dal sebo in eccesso senza irritarla sono sufficienti due pulizie al giorno.
  • Non utilizzare cosmetici in crema perché favoriscono l’acne e utilizzare i trucchi minerali.
  • Struccarsi con detergente non schiumogeno prima di andare a dormire ogni sera per far respirare la pelle.
  • Non sfregare la pelle con tessuti che possano peggiorano l’acne quali tessuti di cotone, colli aperti, niente sciarpe.

 

Durante il periodo estivo la pelle va protetta dall’esposizione solare con foto riflettenti minerali e non con creme solari.

 

Diagnosi

La diagnosi è fatta attraverso esame obiettivo che evidenzia la presenza di noduli e cisti.

 

Trattamenti

Il farmaco più efficace è l’Isotretinoina, un derivato della vitamina A, in grado di far regredire l’acne cistica in quattro/sei mesi di trattamento nella quasi totalità dei casi. Purtroppo questo farmaco, assunto a lungo termine, produce differenti tipi di tossicità e pertanto va usato, sotto controllo dermatologico, solo in casi selezionati.

Nel caso in cui non si possa o voglia prendere l’Isotretinoina si impiega il Micropeeling e la Terapia Fotodinamica: questa metodica produce la guarigione dell’acne cistica in tempi più lunghi ma ha il vantaggio di non assumere farmaci e non avere tossicità.

Acne

Acne

 

L’acne consiste in un’infiammazione dei follicoli pilosebacei e si presenta in linea di massima con i brufoli, i quali prima si formano inizialmente come comedoni (i punti neri) per poi dare avita a papule o pustole (brufoli) o anche ai più gravi noduli e cisti. L’acne si presenta principalmente nelle zone di viso, collo, torace e dorso. Anche se non si tratta di una patologia grave, l’acne nella sua forma più intensa induce anche a cicatrici inestetiche e permanenti che possono anche influenzare negativamente la psiche.

 

Che cos’è l’acne?

L’acne può essere di tipo giovanile o tardiva, cioè un disturbo che compare in età post adolescenziale o dell’adulto.

La prima compare insieme allo sviluppo sessuale e solitamente tende a scomparire alla fine di questo periodo o perdurare nell’adulto.

L’acne tarda o tardiva compare nell’adulto anche senza aver sofferto di acne giovanile.

Dal punto di vista clinico, si parla di acne comedonica, cistica, conglobata ecc., in base alla prevalenza di comedoni, cisti ecc.

 

Quali sono le cause dell’acne?

La comparsa degli ormoni nel periodo dell’adolescenza causa l’aumento di volume delle ghiandole sebacee e l’inizio della produzione del sebo. Il sebo è una secrezione oleosa, che serve a proteggere la cute dalle infezioni. In alcuni soggetti maggiormente predisposti, il sebo svolge un’azione irritante e induce la formazione del comedone o punto nero.

Il comedone è come un tappo, che impedisce lo scorrimento del sebo dalla ghiandola alla superficie della cute. I grassi che compongono il sebo, ristagnando, si degradano e diventano irritanti. Si sviluppano in eccesso i batteri. Infine, può avvenire una distruzione del follicolo con la formazione della relativa cicatrice.

La causa più importante dell’insorgenza dell’acne è la familiarità, cioè una predisposizione specifica a sviluppare questo disturbo. Intervengono poi fattori esterni come l’igiene, l’inquinamento ambientale, i disordini di alimentazione e, soprattutto, lo stress. Lo stress può far peggiorare l’acne ed il peggioramento dell’acne può provocare stress: si crea così un circolo vizioso.

Al contrario di quanto pensano la maggior parte degli utenti, alimenti molto grassi quali cioccolato, insaccati, formaggi, non creano l’acne. Tuttavia, un’alimentazione troppo calorica, soprattutto negli adolescenti, può far peggiorare un’acne già in atto, oltre a far aumentare il peso.

Un altro comportamento che si vede spesso ed è basato su un concetto sbagliato: il paziente con acne cerca di lavarsi con frequenza, spesso con molto sapone, nel tentativo di “asciugare” la cute seborroica e acneica; purtroppo, facendo questo aumenta la secrezione di sebo e l’irritazione, quindi peggiora l’acne. Quando si ha l’acne occorre lavarsi poco, non strofinare ed utilizzare poco sapone. Nei casi con molta infiammazione, poi, il sapone va sostituito con una crema da lavaggio.

Infine, lo schiacciamento dei punti neri o dei foruncoli provoca una diffusione dell’infiammazione, quindi aumenta la possibilità di formazione di cicatrici. Anche la pulizia del volto dall’estetista, che tenta di togliere i punti neri, è da evitare per gli stessi motivi.

 

Quali sono i sintomi dell’acne?

La comparsa di comedoni o punti neri, di foruncoli, di cisti e di noduli su viso, collo, petto e schiena. Normalmente, non si tratta di una patologia grave ma, nei casi più seri, per evitare la comparsa di cicatrici e segni permanenti, è bene rivolgersi ad uno specialista di dermatologia.

 

Diagnosi

La diagnosi è di tipo clinico ed al dermatologo spetta individuare le concause e indagare sui comportamenti sbagliati, al fine poi di consigliare il trattamento più adatto alle esigenze del singolo paziente.

 

Trattamenti

Un tempo si pensava che l’acne fosse una malattia causata di batteri presenti nel follicolo (teoria batterica), capaci di produrre acidi grassi dotati di attività infiammatoria. In realtà, studi più recenti hanno dimostrato che i batteri svolgono un ruolo secondario nell’acne e quindi il trattamento con antibiotici non è più indicato. Inoltre, gli antibiotici che si usavano per l’acne erano spesso poco tollerati dal fegato e reagivano con la luce del sole (fototossicità). La cura moderna dell’acne non prevede l’uso di antibiotici, nemmeno per applicazione locale.

Alle ragazze o alle donne che hanno l’acne viene spesso prescritta la pillola contraccettiva semplice, o con aggiunta di antiandrogeni. Questo comportamento terapeutico deriva dalla falsa premessa che l’acne sia causata da una disfunzione degli ormoni sessuali. In realtà, le adolescenti o le donne con acne non hanno affatto disfunzioni ormonali. L’impiego della pillola contraccettiva per la cura dell’acne, oltre a non produrre un significativo miglioramento, espone ai rischi dell’uso di estrogeni e antiandrogeni, fra i quali vi sono aumento di peso, comparsa di cellulite, ipertensione, alterazioni del fegato, pericolo di trombosi. Per questi motivi, non si dovrebbe usare la pillola anticoncezionale nella cura dell’acne femminile.

Viene definita come pillola anti-acne una pillola a base di acido retinoico, un derivato della Vitamina A, che agisce impedendo la formazione dei comedoni e delle cisti che sono alla base dello sviluppo dell’acne. L’acido retinoico è quindi un trattamento specifico ed efficace, che ha tuttavia molti effetti collaterali. Tra i più comuni: secchezza cutanea e degli occhi, mal di testa, aumento del colesterolo, calcificazioni e depressione psichica.

Inoltre, questo farmaco, in caso di gravidanza, può indurre gravi malformazioni fetali. Per questo, l’impiego di acido retinoico per via orale è circoscritto ad alcuni casi particolari. L’acido retinoico funziona anche se applicato direttamente sulla cute acneica, evitando così i problemi di tossicità del farmaco assunto per bocca. Tuttavia, data la sua potente attività, si applica, di solito, una sola volta alla settimana e va integrato con il micropeeling.

Il micropeeling consiste nel frizionare le zone interessate dall’acne con la lozione glicoalcolica composta da acido glicoloco e acido salicilico a bassa concentrazione. Questa lozione disinfetta e aumenta l’azione desquamante, liberando i follicoli dai comedoni e quindi, nel tempo, spegnendo l’acne. Poiché la tecnica del micropeeling non comporta l’uso di farmaci, il trattamento può essere fatto da tutti e protratto anche per anni, cioè fino a che l’acne non regredisce spontaneamente. In accoppata con il micropeeling, nei casi più seri, funziona bene la terapia fotodinamica, una moderna forma di trattamento mediante la luce, utile per ridurre l’infiammazione (nelle forme maggiormente infiammate) e permettere di continuare con il micro peeling.

 

Prevenzione

Se si è predisposti all’Acne occorre:

Evitare di applicare creme sul volto, comprese quelle solari.

Non utilizzare trucchi in crema come i fondotinta, ma trucchi minerali.

Struccarsi con creme da lavaggio e non con latte detergente

Evitare di schiacciare i punti neri ed evitare la pulizia del volto

Evitare le forti esposizioni al sole,e le lampade UV

Una volta che l’acne è scomparsa, è possibile continuare un trattamento micro peeling discontinuato per evitare che si formino nuovamente i foruncoli.

Melanoma

Melanoma

 

Con il termine medico melanoma si fa riferimento ad un tumore dall’entità spesso anche particolarmente aggressiva che si presenta nella cute o, più raramente, negli occhi o nelle mucose. Si sviluppa dai melanociti, le cellule che producono la melanina, il pigmento che conferisce alla cute la sua colorazione.

 

Che cos’è il melanoma?

Anche se non è comune come gli altri due tipi principali di cancro della cute, il carcinoma basocellulare ed il carcinoma squamocellulare, il pericolo di dare luogo a successive manifestazioni del melanoma della cute è in continuo aumento negli ultimi decenni in tutto il mondo occidentale ed è sempre più frequentemente in età giovanile. Spesso sono gli individui dalla cute chiara ad esserne colpiti, questo accade infatti in misura maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

 

Quali sono le cause del melanoma?

Il melanoma si forma quando si verifica un errore genetico nelle cellule che producono la melanina, cioè i melanociti. Queste cellule sono presenti in maniera addensata nei nevi malanociti della pelle, comunemente detti nei, e, per motivi non ancora non del tutto noti, possono iniziare a proliferare in modo disordinato. L’esposizione al sole e quelle alle lampade UV possono indurre un neo a diventare melanoma.

 

Quali sono i sintomi del melanoma?

Il melanoma può svilupparsi in qualsiasi area della pelle, con una maggiore probabilità nelle zone che sono più frequentemente esposte alla luce del sole. I melanomi possono formarsi sia a partire da nevi (nei) preesistenti, che ex-novo. Per questo è consigliabile eseguire regolarmente un’accurata autoispezione dei nei della pelle. La regola dell’ABCDE è uno dei primi passi da prendere seriamente in considerazione in tutte le operazioni di prevenzione, questa infatti costituisce un aiuto insostituibile nell’identificazione di un nevo da un melanoma:

  • Asimmetria: i nei sono simmetrici mentre il melanoma è asimmetrico.
  • Bordi irregolari: i bordi di un neo sono regolari, quelli di un melanoma sono frastagliati.
  • Colore disomogeneo: i nei hanno un colore unico ed uniforme, mentre il melanoma può avere più colori.
  • Diametro superiore a 6 mm: i nei crescono fino ad un diametro di 6 mm. I melanomi di solito sono superiori ai 6 mm.
  • Evoluzione: la rapida crescita di un qualunque neo o macchia pigmentata deve far sospettare un melanoma.

 

In caso di riscontro di uno (o più) di questi segni, è opportuno consultare il proprio medico, che potrebbe suggerire la visita dermatologica. I melanomi che si sviluppano negli occhi, solitamente provocano disturbi della vista e sono facilmente diagnosticabili attraverso una visita oculistica.

Il melanoma può tuttavia, in casi più rari, svilupparsi anche in parti del corpo poco visibili, ad esempio sotto le unghie, all’interno della bocca o delle mucose digestive, urinarie e dei genitali. In questi casi, è più difficile da diagnosticare, anche perché è facile confonderlo con altre patologie più comuni.

 

Come si può prevenire il melanoma?

La prevenzione avviene su due livelli: eliminazione/riduzione dei fattori di rischio e diagnosi precoce.

La genesi dei tumori cutanei, in particolare del carcinoma basocellulare e del carcinoma squamocellulare, è legata soprattutto all’esposizione ai raggi UV, sole o lampade.

È possibile quindi minimizzare il rischio d’insorgenza con alcuni semplici accorgimenti: attenersi alle regole di protezione dal sole ed evitare l’esposizione a lampade UV.

 

Si vuole riconoscere in modo appropriato e precoce la presenza dei tumori cutanei e in particolare del melanoma si consiglia di sottoporsi a visite regolari dermatologiche periodiche. Ogni giorno, in Humanitas, specialisti dermatologi, con l’ausilio di appositi strumenti, visitano pazienti a rischio di sviluppare un tumore cutaneo.

In particolare, il paziente viene sottoposto all’esame videodermatoscopico che permette di:

  • individuare i melanomi nelle prime fasi di sviluppo
  • registrare (mappatura) e confrontare le immagini dei nevi nelle visite successive in modo da riconoscere ogni piccolo cambiamento e programmare per tempo l’asportazione chirurgica di possibili iniziali melanoma
  • Skin Cancer Day
  • Per informare ed educare alla prevenzione dei tumori cutanei ogni anno Humanitas Cancer Center propone lo Skin Cancer Day. Si tratta di una giornata in cui la SkinCC promuove visite dermatologiche gratuite e un percorso informativo con importanti consigli per la prevenzione.

 

Diagnosi

La diagnosi precoce dei tumori cutanei è dunque davvero determinante nel trattamento di questa patologia. Il primo passo per una corretta diagnosi consiste in esame clinico attento, eseguito da dermatologi esperti.

L’analisi clinica consente di trovare i soggetti a rischio (sulla base del fototipo, del tipo e del numero delle lesioni pigmentate cutanee, eventuali fattori genetici, ambientali e di malattia intercorrente) e di indirizzarli verso esami strumentali mirati (dermatoscopia e videodermatoscopia) e controlli più frequenti.

La dermatoscopia si porta avanti con l’osservazione e l’analisi dei nevi mediante un apposito strumento chiamato microscopio ad epiluminiscenza o, più semplicemente, dermatoscopio. Si tratta di una procedura semplice e indolore, che permette di visualizzare l’aspetto “interno” di un nevo, quello non visibile ad occhio nudo. Gli individui a rischio neoplastico hanno invece l’immagine ottenuta viene analizzata da un computer e messa in memoria per successivi confronti. È possibile, in questo modo, scoprire precocemente l’evoluzione maligna di una lesione cutanea e di intervenire di conseguenza.

A volte solo l’esame istologico fatto con biopsia cutanea, che si effettua in anestesia locale in ambiente ambulatoriale, consente di individuare davvero l’entità della patologia che si suppone essere in atto nel soggetto che si sottopone a tali diagnosi. La biopsia cutanea si può eseguire o mediante l’asportazione completa della lesione (biopsia escissionale) o, nel caso di lesioni di grandi dimensioni e in sedi particolari (es. viso), mediante asportazione di una piccola parte di tessuto (biopsia incisionale). L’esame istologico serve anche a definire la stadiazione locale della neoplasia.

 

Stadiazione del melanoma

L’esame istologico serve, oltre che per confermare la diagnosi, a determinare la stadiazione locale della neoplasia. Infatti, l’anatomopatologo valuta e segnala alcuni parametri definiti, tra cui la profondità d’invasione del melanoma, l’ulcerazione, l’invasione linfovascolare, il numero delle cellule che si stanno dividendo, in modo da segnalare l’aggressività e la capacità di diffondersi del melanoma.

Nei casi più aggressivi o dove il melanoma sia cresciuto maggiormente, si ricerca la presenza delle cellule del melanoma anche nei linfonodi più vicini (linfonodo sentinella) che vengono asportati per essere analizzati.

Per completare la stadiazione e definire il trattamento, in casi selezionati e in base allo stadio del tumore primitivo, vanno eseguiti esami strumentali (es ecografia, radiografia, TAC, PET) per verificare la presenza di metastasi a distanza. Da tutti questi parametri derivano la stadiazione completa della malattia e la scelta del trattamento.

Stadiazione dei carcinomi cutanei

Similmente, per il carcinoma squamocellulare vengono considerati il grado di differenziazione, l’invasione dei tessuti cutanei e di quelli più profondi, la presenza eventuale di linfoangioinvasività o di coinvolgimento linfonodale.

Il carcinoma basocellulare invece viene valutato per la sua capacità infiltrativa e destruente sui tessuti circostanti.

 

Trattamenti

Il trattamento dei tumori cutanei dipende dal tipo di tumore, dallo stadio di malattia ma anche dalla sede di comparsa, oltre che dall’età e dallo stato di salute del paziente. Il trattamento è nella per lo più di entità chirurgica. Nei casi dove la chirurgia non fosse sufficiente, si può ricorre anche alla terapia fotodinamica, alla chemioterapia, alla radioterapia, alle terapie biologiche come immunoterapia e/o targeted therapy. In alcuni casi si possono combinare più trattamenti.

 

Terapia chirurgica

L’asportazione chirurgica è il trattamento di prima scelta nella maggior parte dei tumori cutanei. La chirurgia dermatologica viene utilizzata, quando vi è l’indicazione, per rimuovere la lesione sospetta e inviarla per una diagnosi definitiva tramite biopsia escissionale o incisionale.

 

La chirurgia plastica interviene quando è necessaria una ricostruzione con lembi o innesti, ai quali si ricorre nei casi di ampie asportazioni oppure se i tumori interessano zone delicate come ad es. palpebre, labbra o naso, in modo che la riparazione del tessuto avvenga nel modo più naturale possibile, con vantaggi per la funzionalità e l’estetica post intervento.

La chirurgia generale interviene principalmente (ma non esclusivamente) nel melanoma, nei casi a rischio maggiore, per valutare dapprima l’estensione della malattia al linfonodo sentinella, quindi nei casi più avanzati per procedere all’asportazione dei linfonodi stessi o, ove indicato, di metastasi in altri organi. In taluni casi infatti è sufficiente l’asportazione del primo linfonodo che drena l’area di cute del tumore, il già citato linfonodo sentinella. Nel caso di presenza di malattia del linfonodo, accertata dopo esame istologico o palpatoriamente al momento della visita, si toglieranno tutti i linfonodi vicini a quello malato. La presenza di cellule tumorali nei linfonodi indirizzerà verso successive indagini e un eventuale trattamento.

 

Terapia medica

La terapia medica utilizza varie armi che vengono selezionate sulla base del tipo di tumore cutaneo, sulle sue caratteristiche biologiche, sull’aggressività e sul coinvolgimento o meno di linfonodi e/o altri organi.

La terapia medica viene definita dagli oncologi che indirizzano il paziente verso trattamenti che, per quanto riguarda il melanoma, sono sempre più selezionati e personalizzati, anche attraverso lo studio di alcune mutazioni genetiche presenti nel tumore stesso.

 

Chemioterapia

La chemioterapia consiste nell’utilizzo di farmaci iniettabili o assumibili oralmente in grado di distruggere le cellule tumorali. Si caratterizza per un meccanismo d’azione rapido, sebbene sia spesso tossico, soprattutto a livello delle cellule del midollo osseo e delle mucose (ad esempio cavo orale), che vengono inevitabilmente coinvolte e in diversa misura da soggetto a soggetto. I tumori della cute e in particolare i melanomi non si caratterizzano per una elevata chemiosensibilità.

 

Esistono trattamenti locoregionali che prevedono l’infusione di chemioterapici a dosi molto elevate concentrandoli in aree (ad esempio un arto) che è possibile circoscrivere dal resto della circolazione corporea tramite l’utilizzo di particolari tecniche. Tuttavia anche queste metodiche hanno un ruolo sempre più marginale nell’oncologia moderna.

 

Immunoterapia

L’immunoterapia è invece un tipo di trattamento che, utilizzando anticorpi monoclonali, agisce indirettamente sulle cellule tumorali ri-attivando una parte del nostro sistema immunitario a reagire nei confronti delle cellule tumorali. Questa terapia è caratterizzata da tempi lunghi di risposta e da tossicità che si possono manifestare altrettanto tardivamente (mesi dopo il termine della cura); quando la risposta tuttavia si manifesta (in circa il 25% dei pazienti) essa si caratterizza per il fatto di essere significativa e duratura in termini di incremento della sopravvivenza dei pazienti.

 

Terapie targeted

Le cosiddette terapie “targeted” sono rappresentate da farmaci che colpiscono particolari bersagli molecolari della cellula tumorale, riconosciuti come cruciali per la crescita e la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali stesse. Queste terapie non sono estendibili a chiunque come nel caso della chemioterapia o dell’immunoterapia, ma sono costruite ad hoc su alcune caratteristiche della cellula tumorale, variabili da tumore a tumore. Pertanto, sono necessarie valutazioni di biologia molecolare per definire la presenza o meno di queste caratteristiche. Spesso, proprio per la particolare specificità d’azione, questi farmaci risultano molto ben tollerati e rapidamente efficaci.

 

Altri trattamenti

 

Terapia radiante

La radioterapia e’ un trattamento che utilizza raggi X o fotoni prodotti da un acceleratore lineare inducendo la morte delle cellule tumorali. È’ un trattamento di precisione, focalizzato esclusivamente sulla regione malata con massimo risparmio delle strutture sane circostanti. La radioterapia è’ una modalità di trattamento non invasiva, indolore, dura pochi minuti e si svolge quotidianamente per un numero di giorni variabile a seconda del tipo di tumore, delle dimensioni del tumore e della sede in cui la lesione e’ localizzata.

Nei carcinomi Basocellulare o spinocellulare la radioterapia viene utilizzata con finalità esclusiva ed intento curativo nei casi di lesioni cutanee non operabili o nei casi di lesioni cutanee non asportate in maniera completa allo scopo di sterilizzare la zona interessata e ridurre il rischio di una ricaduta.

Nel melanoma la radioterapia viene impiegata quasi esclusivamente per il trattamento delle metastasi in qualsiasi sede esse si localizzino, ad esempio a livello osseo con finalità antalgica, a livello polmonare, epatico e cerebrale.

 

Terapia fotodinamica

Si tratta di una tecnica non invasiva, che sfrutta una reazione fotochimica. È efficace solo su alcuni tipi di tumori e non ha effetto sul melanoma. Consiste nell’applicare sulla lesione cutanea una sostanza non farmacologica, in grado di entrare nel metabolismo delle cellule tumorali stimolandole a produrre una sostanza fotoattiva, cioè sensibile alla luce, che eccitata dalla luce, è in grado di eliminare le cellule tumorali.

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