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Lo sport fa bene, ma attenti ai traumi

Sono sempre di più le persone che si avvicinano alla pratica sportiva, per passione o divertimento – e ne sono testimonianza le centinaia di iniziative e camminate sul territorio tra cui spicca la Strabergamo – o anche perché l’attività fisica è legata a doppio filo al nostro benessere e alla nostra salute.

Ovviamente bisogna agire con cognizione di causa, cioè pensare a quali sport o attività il nostro corpo è in grado di sostenere senza farsi del male. Perché, purtroppo, le discipline sportive possono comportare durante il loro esercizio anche lesioni traumatiche.

Esiste in medicina un settore, quello della Traumatologia dello Sport, che si occupa di come i benefici degli studi e della ricerca applicati agli atleti di alto livello possano ricadere poi su tutti coloro che praticano sport a livello amatoriale o poco più, con applicazioni pratiche rilevanti e utili.

 

Le più esposte a rischio infortunio sono le articolazioni

Humanitas Gavazzeni, nel potenziamento dell’area della Riabilitazione ortopedica e sportiva e della medicina della Sport, ha attivato da qualche mese un Ambulatorio di Ortopedia dello sport che vede interagire specialisti ortopedici e fisiatri, al fine di offrire indicazioni terapeutiche appropriate e soluzioni chirurgiche innovative che spaziano dalle tecniche artroscopiche alla riparazione della cartilagine, dei tendini e muscoli, all’utilizzo delle biotecnologie e alle sostituzioni protesiche.

«Le patologie articolari traumatiche o da sovraccarico dei tessuti ossei, cartilaginei, legamentosi e tendinei, costituiscono le aree di maggior interesse di chi si occupa delle lesioni da sport – spiega Gennaro Fiorentino, responsabile dell’Ambulatorio e dell’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia di Humanitas Gavazzeni –. In base alla tipologia dello sport praticato, una o più articolazioni possono essere interessate da questo tipo di lesioni. Negli sport ad alto impatto, ad esempio, c’è una grande sollecitazione delle articolazioni dell’arto inferiore. La caviglia è spesso oggetto di lesioni legamentose e/o cartilaginee in seguito a distorsioni, ma può anche essere sede di fratture, tipicamente dei malleoli, se i traumi che si verificano sono a energia più elevata. Il ginocchio in particolare rappresenta un’articolazione molto sollecitata anche per chi non pratica sport. I traumi scheletrici, legamentosi, meniscali, e le lesioni cartilaginee, rappresentano forme di interessamento patologico. L’anca nello sportivo può essere causa di dolore ricorrente e costringere a lunghi periodi di inattività; spesso un’anca dolorosa nel giovane sportivo è sintomo di una patologia da conflitto che può essere risolta anche in artroscopia».

Altri sport che richiedono gesti ripetitivi possono invece causare infortuni degli arti superiori, soprattutto a livello di spalla e gomito.

«Queste articolazioni – aggiunge il dottor Fiorentino – possono anche essere oggetto di lesioni in seguito a traumi da caduta o da scontri di gioco (fratture e/o lussazioni). L’avvento dell’artroscopia con tecniche a cielo chiuso, minimamente invasive, e lo sviluppo di nuovi materiali biologici e di sintesi, ha cambiato la storia recente della chirurgia di queste articolazioni. Le nuove tecniche sono sempre più rivolte a ripristinare anatomia e biologia originarie e permettono oggi di eseguire interventi di salvaguardia e riparazione delle componenti articolari residue e/o di sostituzione biologica delle componenti articolari lesionate in modo irreparabile».

Rischio infortunio, sia per gli agonisti sia per i dilettanti

Viene da chiedersi se sia più soggetto a infortuni uno sportivo agonista o un dilettante. «Per gli infortuni di natura traumatica non ci sono differenze. Gli agonisti ne sono soggetti per la pratica continua dello sport di cui sono specialisti – dice Gennaro Fiorentino –, mentre i dilettanti corrono rischi dovuti al fatto di non essere del tutto allenati per cui l’organismo, talvolta, non è in grado di sopportare le sollecitazioni cui viene sottoposto».

Articolo pubblicato sul quotidiano “L’Eco di Bergamo” il 4 settembre 2016.