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Endoscopia sui rotoli “segreti” dell’esploratore Costantino Beltrami, il bergamasco che scoprì le fonti del Mississippi

Sul “tavolo operatorio” dell’ospedale bergamasco Humanitas Gavazzeni due rotoli di corteccia di betulla dell’esploratore bergamasco Costantino Beltrami che scoprì le fonti del fiume americano Mississippi.

Obiettivo: analizzare l’interno dei carteggi con un endoscopio ad alta definizione, in modo non invasivo, senza dover srotolare i fragili rotoli, scongiurando, così, danni ai reperti.

Dopo due secoli, così, Beltrami ritorna a far parlare di sé e il Museo di Scienze Naturali Enrico Caffi di Bergamo desidera svelare il mistero dei “suoi” rotoli e, per farlo, si affida a indagini che hanno coinvolto la tecnologia medica diagnostica dell’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Una storia lunga 200 anni

Era il 1823 quando Beltrami scoprì un luogo dove nessun pioniere era mai riuscito ad arrivare, le fonti del Mississippi, percorrendo a ritroso i quasi 4.000 chilometri del fiume più lungo di tutte le Americhe.

Archi e frecce, un tamburo, utensili da cucina, vestiti e addirittura uno scalpo: sono solo alcuni dei reperti che Costantino Beltrami riportò a Filottrano – in provincia di Ancona, dove morì nel 1855 –  dal suo viaggio in America per testimoniare la vita e le usanze dei nativi americani e che ora, da diversi anni, sono in mostra nella sala etnografica del Museo Caffi di Bergamo.

Ma dal suo lungo viaggio oltreoceano iniziato nel 1822 e durato sette anni, portò anche sei rotoli di corteccia di betulla essiccata. Quattro sono conservati nel museo a lui dedicato a Filottrano, due, invece, sono conservati a Bergamo. Donati alla città dal nipote dopo la morte di Beltrami nel 1856, i due rotoli “bergamaschi” sono stati al centro dell’indagine operata da Humanitas Gavazzeni.

L’indagine di Humanitas Gavazzeni

L’indagine di Humanitas Gavazzeni fa parte di un percorso di studio iniziato nell’estate 2019 quando Ray Phaneuf, fisico dei materiali della Maryland University e appassionato di storia dei nativi americani, ha messo a disposizione i propri studi e competenze per indagare la storia delle incisioni dei rotoli di Beltrami, portandoli al centro di ricerca Elettra – Sincrotrone di Trieste che ha permesso di “srotolare virtualmente” le cortecce e osservarne il contenuto.

Ma non è stato sufficiente. Per scoprire i tesori nascosti dei rotoli di Beltrami erano necessarie ulteriori indagini preservando, però, la fragilità del reperto storico.

Infatti, è quasi impossibile srotolare i carteggi, composti da almeno tre fogli di betulla ciascuno, senza danneggiarli irrimediabilmente. Per questo è stato necessario procedere con degli interventi non invasivi sfruttando le fessure tra uno strato e l’altro.

Come? Effettuando l’indagine con un endoscopio che permette di mostrare, con immagini illuminate e ingrandite, l’interno del rotolo sfruttando le pieghe naturali del reperto.

Così l’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo ha messo a disposizione il proprio videoendoscopio per apparato gastrointestinale che, in una giornata di studio, è stato utilizzato dal dottor Nicola Gaffuri, responsabile dell’Unità di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo, per svolgere le analisi.

«Abbiamo messo a disposizione un nostro strumento quotidianamente usato per la diagnosi di patologie gastrointestinali, l’endoscopio, per una ricerca insolita – ha commentato il dottor Nicola Gaffuri di Humanitas Gavazzeni -. L’endoscopio ad alta definizione ci ha permesso di controllare le piccole particolarità di un millimetro, illuminando e mostrando elementi fino ad ora rimasti nascosti in modo mini invasivo, senza intaccare il materiale. Si tratta di un’indagine che ha certamente lasciato il segno nella mia carriera: un momento singolare e intrigante che spero aiuti a ricostruire un disegno più ampio».

Un legame consolidato, quello tra gli strumenti di diagnostica di Humanitas Gavazzeni e l’arte: risale al 2018, infatti, l’esame radiologico e tomografico computerizzato svolto sulla tavola in legno di pioppo su cui è stata dipinta la “Resurrezione di Cristo” di Andrea Mantegna e conservata alla pinacoteca Accademia Carrara di Bergamo.

Segni ora da decifrare

Che cosa si è scoperto? È presto ancora per dirlo. Entrambi i rotoli di Beltrami, come è stato possibile vedere dalle immagini trasmesse dal videoendoscopio, presentano segni che denotano un utilizzo della corteccia, forse come supporto di scrittura.

L’albero di betulla, infatti, era considerato sacro per i nativi americani e la sua corteccia era largamente utilizzata dalla popolazione, per le sue doti di impermeabilità, per rivestire canoe e tepee (la tipica abitazione). È attestato, anche, che la corteccia di betulla venisse utilizzata per scrivere, simile ai fogli di papiro nell’Antico Egitto.

«Di fronte alle immagini prodotte dalle indagini ci si pone ora una domanda: che cosa sono questi rotoli? Custodiscono dei messaggi? Oppure sono “solo” oggetti che Costantino Beltrami ha portato dal suo viaggio come testimonianza della vita e cultura dei nativi americani? Dopotutto Beltrami era un attento e curioso esploratore e quasi tutti gli oggetti che ha portato in Italia vogliono testimoniare la vita di questi popoli lontani», si domanda Marco Valle, direttore del Museo di Scienze Naturali Enrico Caffi di Bergamo, che nel, 2023, in occasione delle iniziative per Bergamo–Brescia capitale italiana della cultura, dedicherà una mostra dedicata a Beltrami che coinvolgerà anche la Biblioteca Angelo Mai di Bergamo dove sono custoditi preziosi documenti di questo viaggio.

Un quesito intrigante che necessita di maggiore studio e analisi, ma che porta alla luce il ruolo fondamentale dell’istituzione museale come scrigno di tesori.

«Al momento non sono in grado di interpretare i segni che il videoendoscopio ci ha mostrato, perché ritengo che le indagini da fare siano ancora molte. Ma il fatto che l’unico rotolo aperto della collezione Beltrami-Lucchetti di Filottrano presenti chiari segni di un paesaggio, con i contorni di laghi, il tracciato dei fiumi e scritte facilmente attribuibili a Beltrami, fa ben sperare che anche nei nostri rotoli si nasconda qualche testimonianza raccolta dall’esploratore. Il reperto della collezione Beltrami – Lucchetti sarà visibile nella mostra programmata per il prossimo anno. Certo è che questo studio rappresenta un’ulteriore dimostrazione di come gli oggetti conservati nei musei siano sempre fonte di sorpresa, specialmente i materiali etnografici: in grado di raccontarci vite, popoli e culture lontane nel tempo e nello spazio da noi», conclude il direttore Valle.

(foto: Gianfranco Rota)