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Sport e neurologia, l’attività fisica fa bene o non fa bene al nostro corpo?

Sport e neurologia. Due concetti all’apparenza lontani, ma che in verità hanno molti punti in comune fra loro.

«Un argomento degno di essere affrontato» sottolinea la dottoressa Paola Merlo, responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo, Responsabile Scientifico dell’incontro “Lo sport in neurologia. La prevenzione, l’aiuto, il danno” che ha avuto luogo lo scorso 8 novembre nell’auditorium di Villa Elios.

Un appuntamento, organizzato nell’ambito degli “Incontri di neuroscienze”, che ha visto la partecipazione di specialisti di neurologia e neurochirurgia provenienti da varie realtà sanitarie della bergamasca, che hanno trattato argomenti come demenze e neurodegenerazione, malattia di Parkinson, sclerosi multipla, cefalea, trauma cranico e midollare e lesione dei nervi periferici, sempre visti e considerati in correlazione con l’attività sportiva.

«Da sempre si dice “Mens sana in corpore sana” – ha ricordato la dottoressa in apertura di convegno –, a sottolineare quanto lo sport faccia bene alla salute. È una grande verità: in ambito neurologico può svolgere un ruolo importante nelle terapie di supporto ed essere anche di valido aiuto dal punto di vista della prevenzione. Ma è anche vero che lo stesso sport può essere capace di provocare danni neurologici anche gravi e permanenti quando sia eseguito senza pratiche di allenamento adeguate. Perciò in quest’incontro cercheremo di trovare una risposta alla domanda “quando lo sport fa bene e quando invece fa male?”».

 

L’importanza dello sport affiancato alla medicina

Un’importanza, quella dello sport affiancato alla medicina, sottolineata anche dal dottor Emilio Bombardieri, Direttore Scientifico di Humanitas Gavazzeni: «La mia impressione è che allo sport, in medicina, si ricorra troppo di rado. Dal punto di vista psicologico, la pratica di uno sport può permettere il risparmio di molte medicine e anche nel campo di alcune malattie croniche l’attività fisica consente un recupero più efficace di situazioni caratterizzate da depressione, immobilità o sensazione del paziente di non potercela fare. Questo perché la pratica dello sport aiuta a costruire una mentalità di rivalsa sulla malattia e anche una mentalità vincente che aiuta molto nel combatterla».

 

Simone Origone, lo sport amico e lo sport nemico

Quanto la testa conti nella pratica dell’attività sportiva l’ha raccontato invece Simone Origone, guida alpina, maestro di sci e campione di Speed ski (Kilometro lanciato), cioè delle gare di sci finalizzate a raggiungere le velocità più estreme.

Origone ha vinto dieci Coppe del Mondo, l’ultima proprio nel 2018 ed è stato per tre volte detentore del record del mondo di velocità (il suo miglior tempo: 252,987 km/h), che oggi appartiene a suo fratello (254,987 km/h).

«Il Kilometro lanciato è lo sport non motorizzato in cui l’uomo raggiunge la maggior velocità in assoluto – ha esordito Origone, 39 anni, valdostano di Champoluc –. Si potrebbe pensare che chi pratica questo sport sia un po’ pazzo e questo sembrerebbe giustificare la mia presenza qui, oggi, davanti a tanti neurologi e psicologi. Posso però dire che si tratta di uno sport meno pericoloso di quanto si possa pensare perché, fortunatamente, si cade poco. Di certo è una disciplina in cui la testa è molto importante, soprattutto negli attimi che precedono la discesa, quando è fondamentale mantenere la giusta concentrazione e serenità».

Al campione della neve è toccato rispondere alla domanda: “Quando lo sport è amico e quando diventa nemico?”.

«Dipende – la sua risposta –. Oggi lo sappiamo tutti che l’attività sportiva, abbinata a uno stile di vita e a un’alimentazione sana, non può che fare bene alla salute. Quando si parla di sport professionistico, però, mi sorgono alcune perplessità: salvo rare eccezioni, a lungo andare, credo non faccia del tutto bene. Non parlo dell’aspetto neurologico – che entra in gioco in genere solo quando ci sono incidenti tali da provocare traumi cranici o problemi simili –, ma del fatto che gli allenamenti sono sempre più intensi e mirati e le performance richieste sempre più estreme, in modo tale che il nostro corpo, che rimane sempre lo stesso, a lungo andare tende a “consumarsi” e per questo a subire infortuni sempre più frequenti e di gravità crescente».

 

Approfondimenti

Prossimamente su Gavazzeni.it sarà pubblicato un sunto degli interventi dedicati a questi argomenti:

  • “La cefalea: dalla prevenzione alla gestione clinico-terapeutica mirata” relatrice la dottoressa Paola Merlo
  • “La malattia di Parkinson e i parkinsonismi: evoluzione dello stato delle conoscenze” relatrice la dottoressa Natascia Beretta, neurologa dell’UO Neurologia di Humanitas Gavazzeni.