COME TI POSSIAMO AIUTARE?

CENTRALINO

035.4204111

Se hai bisogno di maggiori informazioni contattaci telefonicamente

PRENOTAZIONI

Prenotazioni telefoniche SSN
035.4204300
Prenotazioni telefoniche Private
035.4204500

LINEE DEDICATE

Diagnostica per Immagini
035.4204001
Fondi e Assicurazioni
035.4204400
Humanitas Medical Care Bergamo
035.0747000

Grazie alla psicologia la terapia intensiva non fa più paura

Far sì che il paziente si senta meno malato: può sembrare una contraddizione in termini ma, ormai, è un vero e proprio approccio di cura, fondamentale anche in un reparto particolare come quello della terapia intensiva dell’ospedale.

«I pazienti della terapia intensiva hanno patologie o problematiche molto diverse tra loro: c’è chi ha subito un intervento chirurgico di alta complessità, come un’operazione al cuore o una resezione polmonare, o chi arriva da situazioni di emergenza passando dal Pronto Soccorso – dice Giovanni Albano, responsabile dell’Unità operativa di anestesia e Terapia intensiva di Humanitas Gavazzeni –. Per tutti i pazienti però l’approccio terapeutico è lo stesso: si lavora per guarire la patologia con strumentazioni all’avanguardia, ma anche con una particolare attenzione all’aspetto psicologico del paziente, cercando di non accentuarne il profilo di malattia e non farlo sentire gravemente vulnerabile».

 

L’importanza dell’aspetto comunicativo

Questo atteggiamento porta grande beneficio al paziente che, in genere, velocizza i tempi della degenza e il proprio recupero funzionale. Èd è dimostrato che quanto più il recupero del paziente è a breve termine, tanto più la prognosi ospedaliera migliora insieme al percorso di cura, soprattutto per i pazienti con problemi clinici anche gravi.

«Uno degli aspetti più rilevanti nell’area della terapia intensiva è quello comunicativo – prosegue il dottor Albano –. La comunicazione tra il medico o l’infermiere e il paziente deve essere sì affettuosa, ma anche stimolante.  Anche il supporto psicologico da parte dei professionisti è fondamentale, così come il supporto dei familiari, Per questo motivo puntiamo ad avere un reparto sempre più flessibile, in cui venga favorita l’interazione tra il paziente e i suoi cari. Nel trascorrere la giornata di degenza, per il paziente che resta ricoverato diversi giorni è importante non perdere la percezione del tempo. Le ampie vetrate del nostro reparto al secondo piano da cui entra la luce naturale e i vari orologi installati e visibili da qualsiasi posto letto sono di grande aiuto. Inoltre si cerca di preservare il ritmo sonno-veglia dei pazienti abbassando le luci e riducendo al massimo i rumori di notte. Anche l’alimentazione riveste un ruolo chiave: il paziente, in alcuni casi, riprende a nutrirsi via bocca e ha a disposizione varie pietanze tra cui scegliere compatibilmente con le proprie condizioni cliniche. Anche così ci si può sentire meno malati».

 

La mobilizzazione precoce per chi reagisce bene

Tutte queste particolari attenzioni si inseriscono in un processo molto complesso, basato sulla collaborazione tra più figure che lavorano in équipe tra cui ci sono gli anestesisti, gli infermieri, gli psicologi, gli esperti di vulnologia, i fisioterapisti.

«Grazie all’assidua collaborazione con i fisioterapisti da un paio di anni effettuiamo la mobilizzazione precoce su alcuni pazienti il cui percorso terapeutico procede in maniera particolarmente positiva – aggiunge Albano –. Attraverso diversi passaggi si fa camminare o si rimette in piedi anche il paziente operato al cuore già il giorno seguente l’intervento. Oppure, caso molto particolare, vengono mobilizzati anche i pazienti ventilati con il respiratore, cioè persone che per respirare necessitano di una macchina esterna anche di grandi dimensioni».

 

(articolo pubblicato il 14 gennaio 2018 sul quotidiano “L’Eco di Bergamo” )