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Come “allenare” il pavimento pelvico

Con l’espressione riabilitazione del pavimento pelvico si indica un trattamento che viene applicato in più step con l’obiettivo di rieducare una muscolatura danneggiata nelle sue funzioni da un trauma o come conseguenza di una patologia, per farla tornare a funzionare e lavorare al meglio. I sintomi possono essere molteplici: stipsi e defecazione ostruita, incontinenza urinaria o incontinenza fecale, fastidi o dolori del distretto pelvico.

«Dietro questi sintomi – spiega il dottor Sergio Agradi, responsabile dell’Unità funzionale di proctologia e pelviperineologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo – possono esserci dei problemi di funzionamento dei muscoli o anche neurologici o problemi collegati al prolasso degli organi pelvici. La patologia più diffusa nel campo proctologico pelviperineale sono i prolassi del retto, dell’utero e della vescica, che colpiscono il 60-70% delle donne oltre i 60 anni, in particolar modo successivamente a un parto o a un intervento all’utero o a una chirurgia ginecologica o proctologica».

«E poi ci sono le patologie urologiche – come sottolinea il dottor Emanuele Micheli, responsabile dell’Unità funzionale di Endourologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo – vale a dire incontinenza urinaria, maschile e femminile, con particolare attenzione alla riabilitazione dei soggetti che hanno effettuato una chirurgia prostatica radicale».

 

Stimolazioni elettriche per tonificare i muscoli

Il percorso di trattamento è utile per ridare al paziente la coscienza della propria muscolatura a livello del pavimento pelvico. Grazie a un macchinario di ultima generazione e tramite una piccola sonda, a seconda della specifica patologia, vengono eseguite delle stimolazioni elettriche – al fine di riabilitare e tonificare il muscolo – che vengono visualizzate sullo schermo tramite un grafico così che il paziente possa seguire e imparare, passo dopo passo, i movimenti rieducativi/riabilitativi del proprio pavimento pelvico.

«Tutti i pazienti incontrano un miglioramento – aggiunge il dottor Agradi – commisurato a seconda di ogni singolo caso. In alcune situazioni, come ad esempio nella stipsi, questi trattamenti possono anche consentire di evitare l’intervento chirurgico. Il danno anatomico resta ma il problema funzionale viene risolto o comunque notevolmente migliorato».