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Il troppo stress può provocare problemi a stomaco e intestino. Ecco perché.

Il nostro organismo subisce l’influsso delle stagioni e tra gli organi più sensibili ai cambi delle condizioni climatiche, prima fra tutte il freddo e il repentino abbassamento della temperatura, ci sono stomaco e intestino.

Ciò significa che nei cambi di stagione si avvertono più frequentemente sintomi come acidità e bruciore di stomaco. Ne parliamo con Nicola Gaffuri, gastroenterologo, responsabile dell’Unità Operativa di Gastroenterologia e Endoscopia digestiva di Humanitas Gavazzeni Bergamo.

Perché col freddo aumenta il bruciore di stomaco?

«Non c’è una causa scientifica “provata”, ma è certo che i passaggi di stagione soprattutto quando le condizioni climatiche sono sopra la norma, molto freddo o molto caldo, portano con sé diversi disturbi legati allo stomaco, soprattutto per chi già soffre di malattie come il reflusso gastroesofageo, la gastrite cronica o la sindrome dell’intestino irritabile».

Lo stress è una delle cause dell’acidità o bruciore di stomaco?

«Sì, lo stress è determinante, seppur indirettamente. I ritmi lavorativi assillanti, dover sempre “correre” e magari saltare i pasti o mangiare di fretta e a orari improbabili, causano sicuramente un’alterazione metabolica importante, in particolare a tutto il tubo digerente, favorendo disturbi di digestione e di irregolarità dell’alvo. Infatti lo “stress” causa un difetto di motilità gastrica e intestinale che altera i processi digestivi causando una riduzione della velocità di svuotamento gastrico e un’alterata motilità dell’intestino: dispepsia funzionale e sindrome dell’intestino irritabile; queste patologie funzionali determinano anche un incremento del reflusso gastroesofageo».

In questi casi come possiamo fare prevenzione?

«Per quanto riguarda la malattia da reflusso gastroesofageo, se i sintomi si presentano di rado, una volta ogni dieci giorni circa, i problemi allo stomaco possono essere prevenuti prestando attenzione all’alimentazione, cioè evitando tutti gli alimenti che possono provocare bruciore come il caffè, il cioccolato, la menta, i cibi piccanti o grassi, gli agrumi e gli alcolici. Se invece i sintomi si presentano con maggiore ricorrenza e al bruciore si associa anche un dolore nella parte posteriore dello sterno, è bene rivolgersi a uno specialista che prescriverà farmaci antiacidi o inibitori della secrezione acida dello stomaco. Se anche i farmaci non ottengono risultati, sarà il caso di sottoporsi a una gastroscopia per avere una diagnosi più precisa su cui impostare una terapia specifica. Per quanto riguarda invece i sintomi intestinali come gonfiore addominale, addominalgie o alvo sia stitico che diarroico, spesso sono importanti i consigli dietetici che il nutrizionista propone dopo un attenta valutazione “ad personam” del paziente. Se i sintomi si dovessero aggravare, anche dopo aver seguito una dieta specifica, è utile rivolgersi al gastroenterologo che eventualmente proporrà una terapia adeguata escludendo preventivamente la presenza di patologie organiche a carico del tratto digestivo».

Una delle cose da non fare, anche in questo ambito, è curarsi da soli…

«La grande diffusione delle patologie legate all’apparato intestinale è accompagnata dall’opinione che queste malattie possano essere tenute sotto controllo da sé, senza l’intervento di un medico. Questo può essere vero se i sintomi sono episodici. Ma è del tutto sbagliato se le malattie sono di tipo congenito o dipendenti da una relazione di familiarità. In questi casi, infatti, l’autocura protratta nel tempo, fino al punto in cui la situazione è divenuta preoccupante se non grave, rischia di allungare i tempi della diagnosi e, di conseguenza, della cura. Anche perché se è pur vero che di patologie gastrointestinali non si muore, è altrettanto vero che trascurandole si rischia di agevolare lo sviluppo di malattie più gravi, infiammatorie, come le esofagiti, le ulcere peptiche e le coliti croniche invalidanti. E, in casi estremi, si può persino arrivare allo sviluppo di patologie neoplastiche».

 

(Articolo pubblicato domenica 8 gennaio 2017 sul quotidiano “L’Eco di Bergamo”).