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I disturbi del linguaggio presenti da piccoli possono essere alla base di un futuro disturbo specifico dell’apprendimento (DSA)

L’attenzione allo sviluppo linguistico dei bambini è di fondamentale importanza per identificare precocemente eventuali difficoltà o ritardi, che potrebbero svilupparsi nel corso della sua evoluzione e che possono essere intercettati attraverso una valutazione logopedica.

La fascia d’età 18/30 mesi è un momento cruciale dello sviluppo linguistico per individuare tali difficoltà. In questi casi, la terapia logopedica può supportare le abilità linguistiche del bambino e ridurre la possibilità dell’instaurarsi di un eventuale Disturbo degli Apprendimenti in età scolare.

Una casualità diretta tra le due problematiche non è ancora stata dimostrata, ma recenti studi hanno fatto emergere come un deficit dell’abilità di padroneggiare e manipolare i suoni della propria lingua sia, di fatto, un predittore importante di un potenziale disturbo specifico di apprendimento (DSA).

Ne parliamo con la dottoressa Ilaria Patelli, responsabile dell’Ambulatorio di Logopedia di Humanitas Gavazzeni e di Humanitas Medical Care Bergamo.

Dottoressa Patelli, la difficoltà di linguaggio può essere riconosciuta dai genitori?

«Sì, un possibile disturbo del linguaggio è assolutamente osservabile in contesto vita. I genitori devono porre attenzione fin dai primi mesi di vita a “segnali di rischio” come la presenza di uno scarso contatto oculare del neonato o, in seguito, la tardiva comparsa della lallazione – cioè della pronuncia delle prime sillabe – e la produzione di parole molto distorte da un punto di vista fonetico e fonologico».

Quando l’esordio della produzione di sillabe o parole può essere considerato “tardivo”?

«Possiamo pensare che lo sviluppo linguistico sia tardivo o difficoltoso quando un bambino di 24 mesi ha un vocabolario espressivo inferiore alle  50 parole, ha difficoltà a combinare due o più parole e a strutturare semplici frasi a scopo comunicativo».

Che cosa fare quando si verificano problemi di questo tipo?

«Il primo passo è rivolgersi al proprio pediatra, che provvederà eventualmente a indirizzare il bambino a una valutazione specialistica. È importante che i genitori chiedano aiuto prima possibile: diagnosi e presa in carico precoci sono fondamentali per la buona riuscita dell’intero percorso riabilitativo che verrà attivato».

Quali passaggi prevede l’attuazione dell’intervento?

«Si inizia con una valutazione neurologica obiettiva, cui fa seguito una valutazione logopedica approfondita delle abilità di comprensione e di produzione linguistica. In età scolare la valutazione logopedica indaga le abilità di apprendimento di lettura, scrittura e calcolo, individuando punti di forza e fragilità del bambino. È importante, inoltre, prevedere un eventuale consulenza psicologica, volta a indagare le possibili ricadute emotive nel contesto di vita quotidiana del bambino e a fornire un adeguato supporto all’intero nucleo familiare».

Che cosa prevede e quanto può durare la presa in carico di un bambino con Disturbo Specifico di Apprendimento?

«La Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità, che nel 2011 ha definito le Linee Guida per la presa in carico di soggetti con disturbo specifico di apprendimento (DSA), prevede un iniziale periodo di potenziamento di 6 mesi per pazienti con difficoltà scolastiche, prima di porre eventuale diagnosi di DSA. Il percorso riabilitativo, la cui durata è estremamente variabile, è costituito da sedute di terapia logopedica volte a supportare le difficoltà nei domini di lettura, scrittura e calcolo».

Quali sono in definitiva gli obiettivi dell’attività svolta dal logopedista?

«Il compito del logopedista non è quello di fornire semplicemente un’etichetta diagnostica  bensì quello di tracciare un profilo di funzionamento del bambino, al fine di poter attivare un efficace intervento riabilitativo personalizzato che possa al contempo aiutare gli insegnanti a supportare adeguatamente il minore in contesto scolastico, pianificando, qualora necessario, un programma didattico individualizzato.

 

(ispirato all’articolo “Il ruolo dei genitori contro il disturbo dell’apprendimento” pubblicato domenica 9 maggio sul quotidiano “L’Eco di Bergamo”)