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Donne e cuore, la diagnosi è più difficile


Le donne possono essere più vulnerabili e meno attente alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, ma sono comunque più collaborative quando si arriva a una cura.

Donne e malattie del cuore, una diagnosi difficile. Le rappresentanti del gentil sesso condividono con gli uomini gli stessi fattori di rischio da tenere sotto controllo per combattere l’insorgenza delle malattie cardiovascolari: pressione alta, stress, fumo e alcol, diabete, ipercolesterolemia, scorretta alimentazione, sedentarietà, familiarità, obesità.

Ma se i rischi sono gli stessi, il cuore delle donne ha però alcune caratteristiche peculiari che possono rendere, in certi casi, più difficile la diagnosi di una malattia cardiovascolare, come spiega il dottor Antonino Pitì, responsabile del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas Gavazzeni: «Il fatto è che le coronarie delle donne sono generalmente più esili, e hanno meno circoli collaterali. Nelle donne si riscontra inoltre una maggiore tendenza alla vasocostrizione, che diminuisce il flusso del sangue attraverso il vaso e che si manifesta come una sorta di spasmo».

Una differenza fisica, quella descritta dal dottor Pitì, che può avere appunto conseguenze sulla predisposizione di una diagnosi certa. «Spesso – aggiunge lo specialista – abbiamo pazienti donne con sintomi tipici di angina comprovati da documentazione elettrocardiografica ma procedendo con le indagini scopriamo invece che le coronarie sono apparentemente sane. Questo significa che l’attenzione verso una paziente donna deve essere più alta rispetto a quella prestata per un paziente uomo dove invece i sintomi da associare a un disturbo sono in genere più chiari».

Le donne devono imparare a controllare il proprio cuore

Il punto, inoltre, è che anche le donne devono abituarsi a controllare il proprio cuore. Perché pare non lo facciano ancora abbastanza. E non si tratta solo di un aspetto legato ai fattori di rischio ma, anche e soprattutto, ad abitudini culturali.

«Purtroppo – conclude il dottor Pitì – ancora per troppe donne di 65 anni e oltre prima vengono gli altri, famiglia in primis, e poi sé stesse. Spesso la malattia cardiaca nelle donne di una certa età arriva a uno stadio avanzato perché frutto di mancati controlli e quindi sottovalutato a lungo, nel tempo. C’è però anche da aggiungere che una volta verificata l’esigenza di una situazione a rischio per il loro cuore le donne sono più collaborative, più disposte a modificare il proprio stile di vita e a seguire le cure e terapie predisposte dal medico rispetto ai pazienti uomo».