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Cheratocono, un cross linking per bloccare la malattia

Quando si parla di prevenzione a livello oculistico le prime patologie chiamate in causa sono le maculopatie, la prima causa di cecità al mondo insieme alla cataratta.

Ma ci sono anche patologie dell’occhio più di nicchia dove la prevenzione ha un ruolo centrale. Ad esempio il cheratocono, una malattia che colpisce la cornea, cioè il tessuto più esterno dell’occhio, portandola a un progressivo sfiancamento (ectasia), e dove la diagnosi precoce può fare la differenza.

«I soggetti interessati al cheratocono sono soprattutto giovani, per lo più adolescenti – afferma Mario Romano, responsabile del Centro Oculistico di Humanitas Gavazzeni e professore di Humanitas University –. La malattia infatti si sviluppa più facilmente nel periodo di crescita e lo sfiancamento della cornea può progredire nel tempo. Le fibre di collagene che ne formano l’architettura perdono i legami che le tengono unite e tendono progressivamente a scivolare le une sulle altre. Il risultato è una cornea più curva, deformata e dallo spessore ridotto che causa così problemi visivi».

 

La topografia e la tomografia corneale

Per questo motivo un astigmatismo di natura anomala o un peggioramento improvviso della vista in un paziente giovane allarmano l’oculista, anche durante una semplice vista di controllo.

«Per verificare lo stato di salute della cornea bastano pochi esami – spiega il professor Romano –. Due esami strumentali sono fondamentali per la diagnosi del cheratocono: la topografia corneale, che misura la forma e la curvatura della cornea e le rappresenta con mappe colorate, e la tomografia corneale, che analizza forma e spessore corneale».

Negli stadi iniziali della malattia la correzione del difetto visivo può essere effettuata con occhiali o lenti a contatto che non fermano e non rallentano la progressione del cheratocono. Più la malattia avanza, più questo tipo di correzione diventa insufficiente e il paziente sarà costretto a modificare di frequente la gradazione delle lenti.

«Per rallentare se non bloccare l’evoluzione della malattia si ricorre al Cross linking, un intervento innovativo e non invasivo attraverso cui l’oculista rinforza la struttura biomeccanica corneale – conclude il responsabile del Centro Oculistico di Humanitas Gavazzeni –. La cornea diventa più resistente e si evita un suo continuo sfiancamento e un peggioramento della vista. Per potersi sottoporre all’intervento però è importante che la patologia non sia in stato avanzato, cioè che lo spessore corneale non sia troppo ridotto, la cornea non sia troppo deformata e la capacità visiva, anche con occhiali o lenti a contatto, troppo limitata: in questi casi l’intervento conservativo non consentirebbe un miglioramento visivo funzionale allo svolgimento delle attività quotidiane e l’unica possibilità di ripristinare una corretta visione rimarrebbe il trapianto».